Quando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Ho cominciato molto presto, da bambina, ma senza il sogno di diventare scrittrice. Era pura autoespressione. Spesso convogliavo lì le mie paure.
Che cosa scriveva all’inizio? È stata incoraggiata da qualcuno e se sì, da chi?
Ci furono due primi tentativi di racconto lungo (all’epoca delle scuole medie): uno era una specie di “noir-rosa” orrendo, di cui ricordo solo una microspia nascosta nel vaso di una pianta; l’altro, un testo a quattro mani con una cara amica, sui (miei) turbamenti cimiteriali e il mio mood gotico in boccio. E poi, fin dalle elementari, le poesie.
Nessuno mi ha incoraggiata. Ma nessuno mi ha nemmeno mai ostacolata. Ho goduto della grande prerogativa di un certo grado di segretezza, respirando comunque, in casa, la fiducia nelle mie possibilità e nelle mie scelte.
Come si fa a sviluppare una buona tecnica della scrittura? Ci sono trucchi che si possono usare per migliorare?
Tantissima lettura e applicazione “artigianale”. Smontaggio dei testi altrui. Poca indulgenza verso se stessi. Grande capacità di autocritica. Senso enorme della perfettibilità.
I trucchi ci sono, sì. Ma se il mago non dispone di un minimo di talento di base, la prestidigitazione non realizzerà alcun “incantesimo”.
C’è una cosa che ha scritto tanto tempo fa e che le piace quanto ciò che scrive adesso?
No. Il tempo e il senso di perfettibilità, come si diceva prima… Già oggi quel che ho scritto ieri mi piace un pochino di meno.
Le sue storie (i suoi libri) nascono meglio quando scrive in tranquillità o sotto stress?
Una dose di tensione (non la chiamerei stress) è sempre necessaria come propulsore iniziale. Lo definirei uno stato di perturbamento dell’equilibrio, affinché possa nascere qualcosa di nuovo.
Legge molto? Quali scrittori l’hanno influenzata maggiormente?
Leggo moltissimo. L’influsso maggiore, in passato come ora, è quello dei poeti, ma fare solo qualche nome sarebbe davvero limitativo.
Ha delle abitudini quando scrive? Predilige dei luoghi particolari dove scrivere?
Ho bisogno di tranquillità e solitudine. Una tana mia.
Uno scrittore può imparare lo stile?
Può apprendere molto dagli stili altrui. Fino a quando sarà padrone del proprio.
Il libro è già tutto presente nella sua testa prima di cominciare a scrivere o si sviluppa, sorprendendola, mano a mano che va avanti?
Generalmente si sviluppa a mano a mano che procedo. Nella testa c’è appena una struttura, un canovaccio. Non sono una da “visioni” globali, onnicomprensive. Mi accontento delle mie piccole, saltuarie illuminazioni.
Quanto c’è di autobiografico nei suoi lavori?
Molto. Uso sempre la scrittura per capire qualcosa di me, del mio stare al mondo.
Progetti per il futuro?
Terminare la raccolta di poesie a cui sto lavorando. Terminare un saggio indologico. Terminare un progetto sulla storia del rock. Queste le priorità più urgenti.
Scrittura a parte, qual è la forma d’arte che sente più affine?
La musica. Ho suonato il basso per parecchi anni.
Il suo rapporto con le critiche e la Critica?
Molto stretto con la critica. Le maiuscole, invece, mi innervosiscono.
Quali sono le sue piccole manie?
Controllo spesso di aver chiuso il gas e il lucernario della mansarda. Piccole ossessioni-compulsioni.
Laura Liberale è laureata in Filosofia e dottore di ricerca in Studi Indologici. Dal 2006 tiene corsi e seminari di scrittura creativa e di cultura e filosofie dell’India. Ha ottenuto riconoscimenti in svariati premi di poesia e narrativa. Suoi testi sono apparsi su riviste e antologie. Ha pubblicato, oltre ad alcuni saggi indologici, i romanzi Tanatoparty (Meridiano Zero, 2009) e Madreferro (Perdisa Pop, 2012); le raccolte poetiche Sari – poesie per la figlia (d’If, 2009) e Ballabile terreo (d’If, 2011). È inoltre tra gli autori di Nuovi poeti italiani 6 (Einaudi, 2012). È la curatrice della collana di narrativa Italia Felix per la casa editrice Ratio et Revelatio (Oradea). Il suo ultimo romanzo, Planctus, (Meridiano Zero) è uscito a fine giugno 2015.