L’AMORE CATTIVO di Francesca Mazzuccato

amore-cattivo-francesca-mazzucatoL’amore cattivo è un romanzo che fa male, che fa arrabbiare, ma soprattutto riflettere. Francesca Mazzuccato ha deciso di raccontarci una storia, che è finzione ma potrebbe essere reale.

Nora è una ragazza di 39 anni. Bella, colta e con un lavoro che le piace, la appaga e che le dà riconoscimenti e soddisfazioni. Vive a Milano, dove è scappata dalla famiglia e da un’infanzia poco serena, scappata dall’amore cattivo della madre, che l’ha sempre svilita e trattata come una nullità facendola crescere fragile e insicura di se stessa, dall’indifferenza del padre e dalla insensibilità della sorella.

L’amore cattivo morde il corpo e lo sventra. Avvilisce l’anima. La rimpicciolisce e la devasta. L’amore cattivo incenerisce ogni cosa. È piromane, assassino, criminale. Difficile però che resti lontano, escluso, in prigione. La cenere aumenta man mano. In maniera infida. Giorno dopo giorno.

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Penna a penna. Intervista con l’autore: Michela Monferrini

MIchelaMonferriniQuando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Scrivere mi è piaciuto da sempre. A scuola, il tema era il mio momento preferito. Cercavo di metterci quel di più di fantasia che mi permettesse di eludere la domanda diretta espressa dalla traccia e di seguire un mio percorso personale, di raccontare una storia. Ecco, andando forse un po’ fuori tema ho iniziato a scrivere. Ma non avevo il sogno di diventare una scrittrice; da bambina, alla domanda canonica su cosa volessi fare da grande, rispondevo più frequentemente “la giornalista”: mi sembrava un lavoro più faticoso, e dunque più serio, più “mestiere”. In fondo, ancora oggi penso che sia così, e non mi definirei mai una scrittrice solo per aver scritto uno, due, tre libri.
Lavoro con le parole, in vari modi, e dunque posso dire che effettivamente faccio quel che avrei voluto fare da sempre. Continua a leggere

LA TETRALOGIA di Elena Ferrante

tetralogiaFerranteLa tetralogia di Elena Ferrante: Necessaria. Porosa. Organica.

Cominci a leggerla per curiosità, ne hai sentito parlare molto e ora vuoi farti un’idea tua. E l’idea te la fai subito, senza andare troppo per il sottile: questo libro va letto, ti prende fin dalle prime righe: “Stamattina mi ha telefonato Rino, ho creduto che volesse ancora soldi e mi sono preparata a negarglieli. Invece il motivo della telefonata era un altro: sua madre non si trovava più”. Poghe righe asciutte come è asciutta tutta la scrittura di Elena Ferrante, scarna e carica allo stesso tempo. Un mix esplosivo, per chi legge e cerca qualcosa di più di una bella storia – come se ne trovanno tante, oggi, in libreria – tra le pagine di un libro.

Ma qui i libri sono quattro, quattro volumi densi di emozioni perfettamente calibrate nell’espressione ma che riescono a prenderti la pancia, ad attorcigliartela, anche, un pochino per la storia – le storie – che raccontano, e per come scandagliano impietosi le due protagoniste e tutto l’universo che ruota loro attorno. Continua a leggere

Penna a penna. Intervista con l’autore: Sarah Spinazzola

SarahSpinazzolaQuando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Ho iniziato a scrivere quando ero piccola, intorno ai sette anni, quando mia mamma mi regalò un diario segreto, subito dopo aver letto il Diario di Anna Frank. Non ero sicura di niente quando ho cominciato, ma la scoperta che potevo raccontare dentro a un diario tutto quello che mi succedeva dentro, mi esaltava moltissimo.

Che cosa scriveva all’inizio? È stata incoraggiata da qualcuno e se sì, da chi?
Crescendo, lo scrivere si limitava alla forma diaristica. Verso i quindici anni, ho cominciato a leggere gli unici libri che giravano per casa. Erano quelli di Osho, che all’epoca non era così diffuso come adesso. Mia mamma, che era stata in India ed era stata una sua discepola, tornando in Italia aveva portato con sé alcuni suoi libri. In quel periodo, leggendo i libri di Osho, ho desiderato scrivere realmente, ma non racconti o romanzi, volevo scrivere di filosofia, cioè pensieri, soprattutto sulla vita. È stato verso i ventidue, dopo aver abbandonato gli studi di filosofia all’Università, che ho cominciato ad andare in biblioteca, e dopo aver conosciuto un ragazzo che all’epoca stava scrivendo il suo primo libro, (poi pubblicato da Baldini e Castoldi, Manuale per diventare Valerio Millefoglie) ho cominciato a scrivere racconti. La mia prima raccolta di racconti si chiamava: Mamma, scendo giù in cortile! (cosa di cui mi vergogno molto e che mi fa tenerezza insieme).
È stato Valerio Millefoglie il primo a incoraggiarmi. E per Baldini e Castoldi uscì nel 2004 il mio primissimo racconto, all’interno dell’antologia, Scontrini. Racconti in forma d’acquisto. E poi in seguito, anni dopo, Paolo Nori pubblicò nel 2010 alcuni miei racconti nella rivista letteraria, L’Accalappiacani, edita da Derive Approdi. Continua a leggere

VENEZIA È LAGUNA di Roberto Ferrucci

VeneziaLagunaCome se dei tir attraversassero piazza Duomo a Milano, o dei carri armati percorressero Ponte Vecchio a Firenze, come se degli aerei atterrassero sugli Champs Élysées a Parigi o dei treni tagliassero in due piazza Navona a Roma.

Con queste similitudini viene definito, nell’opera di Roberto Ferrucci, il passaggio delle navi da crociera nella laguna di Venezia. Una laguna che, sottolinea l’autore, “non è mare”, e nella sua peculiarità andrebbe rispettata.
Il passaggio dei “mostri composti da tonnellate di acciaio” sullo sfondo di una delle città più belle del mondo diventa narrativa: a parlare infatti, prima che un giornalista che fa un’inchiesta, è un abitante che guarda a questo fenomeno con gli occhi lucidi e preoccupati di chi sente la propria casa in pericolo, trovando un alleato in un vecchio pescatore che, al passaggio di ogni mostro, dalla riva della laguna, deve riavvolgere in fretta il suo filo da pesca per proteggere la propria attrezzatura (o forse, come piace pensare all’autore, per “una timida forma di silenziosa protesta”).

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Penna a penna. Intervista con l’autore: Gianluca Morozzi

GianlucaMorozziQuando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
A dodici/tredici anni. Mio nonno mi ha regalato una macchina da scrivere, un manuale di dattilografia e l’autobiografia di Isaac Asimov. Il mix è stato devastante: da lì in poi non ho mai voluto fare nient’altro che questo.

Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Scrivevo racconti di fantascienza: il primo si intitolava Divoratore cosmico, e si svolgeva su Nettuno. Il primo romanzo, che ho riscritto quattro o cinque volte, si intitolava Trappola androide. Indimenticabile.
Poi ho avuto il grande innamoramento per Stephen King, e ho provato a imitarlo per metà degli anni Novanta. Dopo ho scopiazzato Tondelli, Brizzi, Nick Hornby, Paolo Nori. E nel Duemila finalmente ho pubblicato.
Grandi incoraggiamenti non ne ho avuti, se non da mio padre, che però aveva una tecnica di incoraggiamento simile agli allenatori di pallavolo dei cartoni animati giapponesi degli anni Ottanta. Se avete presente.

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BUGIARDI E INNAMORATI di Richard Yates

38 yates bugiardi.inddBugiardi e innamorati è una raccolta di racconti che uscì per la prima volta a New York nel 1981 con il titolo Liars in love: stories, e che è stata proposta in Italia solo nel 2011 da Minimum fax, nella traduzione di Andreina Lombardi Bom.
I sette racconti che compongono la raccolta, ci presentano personaggi con vite e caratteristiche diverse; due ragazzini figli di madri divorziate, uno scrittore disilluso, una prostituta londinese, un soldato in licenza, la moglie di un professore, un impiegato con aspirazioni letterarie.
Vite diverse, ma che sotto la penna di Yates seguono tutte la stessa identica parabola di decadenza.
Yeats, infatti, li coglie in quel momento delle loro vite dove i personaggi credono, o si illudono, di poter rimettere in sesto le proprie esistenze. Esistenze che già dalla prime righe di ogni racconto ci appaiono compromesse, incrinate da legami finiti, o in procinto di esserlo. Madri divorziate, padri soli, figli testimoni di uno sfacelo percepito come inevitabile. Ma i personaggi di Yates, negando l’imminente catastrofe, con la convinzione di meritarsi un destino diverso e per questo migliore, si affannano comunque per raggiungerlo, fallendo.
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Penna a penna. Intervista con l’autore: Ilaria Gaspari

IlariaGaspariQuando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Da bambina ero una piccola grafomane. Scrivevo molto, mi avventuravo in generi diversi. Scrivere, allora, era il mio sogno, e anche l’unico mestiere che pensavo che avrei potuto fare. Non ho mai creduto di voler fare la dottoressa o l’astronauta o la cantante. Anche perché sarei stata troppo goffa per fare l’astronauta, troppo ipocondriaca per fare il medico, e quanto alla musica, ho un disturbo un po’ curioso, che si chiama amusia, che mi rende insensibile al ritmo – quando ero piccola non sapevo di cosa si trattasse, ma la mia insensibilità al ritmo l’avvertivo già. Poi, durante l’adolescenza, per un severo senso di inadeguatezza, ho smesso; per anni non ho scritto niente, se non i temi a scuola. Ho ripreso all’improvviso, in una specie di febbre, verso la fine dell’università.

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LE FRAGILI ATTESE – Mattia Signorini

LeFragiliAtteseQuando diventò il proprietario della Pensione Palomar, nell’inverno del 1952, Italo rimase a lungo seduto sul pavimento della sua stanza. Osservava una piccola macchia di muffa. Dall’angolo vicino alla finestra si stava allargando verso l’alto come il sentore di un’attesa.

Questo romanzo è una storia che ne racchiude tante altre: a fare da sfondo alle vicende, fino a diventarne essa stessa una protagonista, è la pensione Palomar, un anonimo edificio situato nella zona periferica di una grande città e e crocevia di numerose esistenze che, tra le quattro mura del piccolo albergo, si dipanano e si intrecciano.
Nel presente narrativo Italo, che gestisce la pensione da quarantasei anni, è intento a sbrigare le ultime faccende prima di chiudere definitivamente l’attività e girare un po’ il mondo, come avrebbe sempre voluto fare. A distrarlo è il ritrovamento di alcune lettere d’amore risalenti agli anni cinquanta; Italo, non accontentandosi di conoscere solo i contorni della vicenda deducibili dalle parole contenute in quelle lettere, decide di mettersi alla ricerca dell’autrice misteriosa, la quale si firma solo con l’iniziale S.:

Cosa era successo tra lei e l’uomo a cui scriveva le lettere? Italo non riusciva a capirlo. Forse la risposta era scritta in quelle che doveva ancora leggere, o in modo più semplice, gli venne da pensare, era scritta nella vita, che non va mai come vorremmo veramente.

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