Gigli, una di noi di Irmgard Keun è uno di quei romanzi “ritrovati”, letteralmente risorto dalle sue ceneri. Bruciato dai nazisti nei roghi del 1933, in Italia ha conosciuto un periodo di diffusione che ne ha tuttavia deformato il messaggio, con un intervento di censura fortemente invasivo. Si è dovuto attendere il 2016 per avere una traduzione fedele e integrale, firmata Annalisa Pelizzola per L’orma editore.
La copertina rosa antico, raffigurante una donna slanciata ed elegante, nell’atto di camminare assorta nei suoi pensieri, prefigura la felice commistione tra forza e grazia che sprigiona da ogni pagina.
Gilgi (Gisela Kron all’anagrafe) è una ventenne solare e risoluta. Se ne va in giro per Colonia con un cappello e una macchina da scrivere. Di lavoro fa la stenotipista. Viene da una famiglia piccolo borghese e, sebbene viva con i suoi, gode di una certa indipendenza alla quale non rinuncerebbe per nulla al mondo. Strenuamente convinta che la meritocrazia possa estendersi a tutti gli ambiti della vita, si dà da fare per mantenere un’immagine di sé basata su una rigida, quanto entusiastica, disciplina del corpo e della mente. Eppure Continua a leggere
Month: Novembre 2017
NEW YORK È UNA FINESTRA SENZA TENDE di Paolo Cognetti
Continuo a chiedermi come è possibile che io sia ancora qui. Chiuso il libro di Cognetti, mi sarei dovuta fiondare sul primo pc disponibile e prenotare il volo più economico e immediato a mia disposizione. Destinazione New York ovviamente. Già mi immagino la mia prima istantanea, il mio primo personalissimo mattone di questa città in perenne cambiamento. Capisco che questo piccolo libro possa essere scambiato per una guida turistica, magari atipica, ma comunque una guida, ma in realtà non lo è, almeno per me.
Non posso dimenticare il mio arrivo in città. L’estate dei venticinque anni, uno zaino pieno di libri come sedile, e la corriera che emerge dal buio del Lincoln Tunnel. Anch’io cercavo qualcosa laggiù – le strade degli scrittori che amavo, la loro ispirazione segreta – ma non ero pronto all’accoglienza che mi aspettava. Sbarcando dal New Jersey, Manhattan apre il sipario all’improvviso: poco prima stavo contemplando un paesaggio di fabbriche e svincoli autostradali, e subito dopo ero tra i grattacieli.
Cognetti non parla di monumenti, ma di atmosfere, di sensazioni. I suoi occhi bucano i palazzi di Brooklyn alla ricerca di quello che non c’è più e che anche quando c’era non era visibile, o forse non interessava a nessuno. Ci fa attraversare quartieri e vie che hanno custodito, a volte miracolosamente, gli scrittori che ha più amato. Ogni sua pagina è pervasa da un senso di nostalgia che ti attanaglia lo stomaco. Continua a leggere