IL MULINO SULLA FLOSS di George Eliot

In che considerazione dovremmo tenere i nostri desideri – anzi, di più: i nostri sogni, il nostro motivo d’esistere – quando essi cozzano con la felicità di chi amiamo? In che rapporto sta il dovere verso noi stessi, verso la nostra felicità, con quello nei confronti degli altri? Ci torneremo nel prosieguo ma intanto vale la pena osservare che ne fornisce una chiave interpretativa George Eliot ne Il mulino sulla Floss, pubblicato nel 1860, in pieno periodo vittoriano.

Dietro allo pseudonimo George Eliot si cela l’autrice Mary Ann Evans che, nata nel 1819 in una famiglia della agiata borghesia inglese, ebbe in odio per tutta la vita, adornata da anticonformismo, il bigottismo calvinista della classe media britannica. Il libro è un superbo affresco dell’età della borghesia, i cui valori di realizzazione mondana – secondo l’etica protestante filtrati come cartina al tornasole del plauso che nell’altro mondo riscuotono le nostre azioni in questo – improntano, oltre ogni altro valore morale, l’agire delle classi medie.

L’autrice ci mostra le vicende dei Tulliver, che gestiscono un mulino situato sulle sponde del fiume Floss, vicino al villaggio di St.Ogg’s nel Lincolnshire, in Inghilterra, alle cui pale sono affidati: i sogni di posizionamento sociale del padre, che vive il sacerdozio laico della parsimonia calvinista, di sano decoro, della forma comme il faut, della madre, dell’accumulazione del capitale del figlio Tom e, avulsa dal contesto, dei desideri – romanticamente assorbiti per osmosi dai libri che divora – della figlia Maggie, la protagonista del libro. Continua a leggere