L’ALTRA FIGLIA di Annie Ernaux

l'altrafigliaDurante l’infanzia molti hanno esperito la gravità del taciuto, dell’indicibile che costringe a fingere di non sapere o non sentire ciò che gli adulti tentano maldestramente di nascondere. All’origine della storia della Ernaux c’è proprio questa sorta di perturbante, nell’accezione freudiana: l’estraneo, rimosso, eppure familiare che genera spaesamento.

Negli anni Cinquanta, secondo una regola implicita era proibito interpellare i genitori, o gli adulti in generale, su ciò che non volevano che sapessimo ma che in realtà sapevamo già

L’autrice francese, nota per la sua capacità di trasformare istanze autobiografiche in spunti di riflessione esistenziale, ha scritto una lettera alla sorella mai conosciuta. Una lettera di cui noi lettori siamo destinatari quasi per errore, degli intrusi che dopo essersi imbattuti per caso nella corrispondenza altrui non riescono a smettere di leggere.


Questa lettera – è evidente – non è destinata a te, e tu non la leggerai. Saranno altri a riceverla, dei lettori, che mentre scrivo sono invisibili quanto lo sei tu. Eppure un residuo di pensiero magico dentro di me vorrebbe che, in maniera inconcepibile, analogica, questa lettera ti raggiungesse come la notizia della tua esistenza mi ha raggiunta una domenica d’estate, […], tramite un racconto di cui a mia volta non ero la destinataria.

Annie è una bambina di appena dieci anni quando scopre accidentalmente che i suoi genitori hanno avuto un’altra figlia prima di lei. In un solo istante l’idea di sorella e quella di morte entrano nella sua vita come elementi inseparabili.
Nonostante i silenzi, le parole dette a metà, le circostanze in cui la verità viene a galla lasciano il sospetto che, pur parlando sottovoce, la madre abbia voluto essere sentita. Residui d’inconscio permeano tutta la vicenda in quest’opera con la quale Annie Ernaux ha scavato nella profondità dei suoi rapporti familiari, ingaggiando una lotta contro la “lunga vita dei morti” che schiaccia i vivi sotto il peso del confronto. Attraverso questo insolito romanzo epistolare l’autrice ha intrapreso un percorso di autoanalisi, in un testo denso di significato, scritto, nonostante il coinvolgimento personale, con estrema lucidità.
L’esigenza di scrivere sembra scaturita proprio da questo episodio. Le parole sono diventate importanti proprio laddove vigeva il silenzio. Se i genitori non hanno saputo verbalizzare ed esternare il lutto, l’autrice, sin dalla tenera età ha mostrato un interesse sociologico per le persone a lei vicine e le ha sottoposte ad un’osservazione metodica e critica. Il linguaggio è dunque intessuto di considerazioni filosofiche e psicologiche, senza che manchi tuttavia un certo pathos, seppure composto. L’autrice ha messo a disposizione del lettore il “caso” della sua famiglia come testimonianza di una cultura e di un copione diffuso, in cui l’esperienza del lutto subisce una pericolosa censura per l’imbarazzo di due adulti che non hanno mai affrontato la perdita se non negandola, perché la vita doveva andare avanti e il vuoto doveva essere colmato, la persona scomparsa rimpiazzata, ma la sua essenza elevata. Intorno alla figura della figlia morta ruota infatti l’ambivalenza tra tabù e mito: derubata della vita, del ricordo, dell’identità, Ginette (l’altra figlia) viene privata anche del nome, scritto una sola volta e quasi con timore. La morte prematura preserva dal peccato e conserva ogni giudizio negativo per chi ha la colpa di essere sopravvissuto.

Tu sei l’impossibilità stessa della colpa e del castigo. Non hai nessuna delle caratteristiche di una bambina vera. Come le sante, un’infanzia non l’hai mai avuta. Non ti ho mai immaginata reale

Al persistere di impulsi infantili, di rimprovero e gelosia verso la sorella morta, l’autrice affianca lo sforzo di considerare la reciprocità delle esclusioni. Se Annie bambina è stata tenuta all’oscuro prima dell’esistenza della sorella e poi della sua tomba, l’altra figlia ha a sua volta subito l’estromissione dall’esistenza di colei che è venuta a colmare il vuoto. In questa presa di coscienza c’è forse implicitamente contenuto un dubbio che s’insinua nel lettore: a quale delle due sorelle è attribuito l’appellativo “altra figlia”? Per nessuna delle due si può veramente parlare di rapporto fraterno. Entrambe le bambine, sangue dello stesso sangue, sono state condannate al destino di figlie uniche. annieernaux La dimensione temporale è il luogo dove si dispiega la strana natura del rapporto con i morti. Con la rimozione del ricordo operata dai genitori, il tempo ha subito una frammentazione e ha perso la sua natura fluida, si è inceppato in un punto dal quale l’autrice non riesce ad uscire.

Non riesco a scrivere nostra madre, né i nostri genitori, a includerti nel terzetto del mondo della mia infanzia. Non c’è un possessivo comune […]. Da un certo punto di vista, rilevante, quello del tempo, non abbiamo avuto gli stessi genitori[…]. La donna dei tuoi tempi io non l’ho mai conosciuta.

È in queste riflessioni che si coglie tutta la forza della scrittura della Ernaux, nel presentarci questa storia come irrinunciabile perché naturalmente inscritta nella sua identità di donna e di scrittrice.

L’altra figlia
Annie Ernaux
L’orma editore (collana Kreuzville Aleph)
Anno 2016
p.81
traduzione di Lorenzo Flabbi
Euro 8.50
Disponibile anche in eBook

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