Una donna, un’ex studentessa di filosofia, torna dopo dieci anni nella città dove ha studiato. L’ indagine che la vede coinvolta la costringerà a guardare in faccia un passato che ha tentato vanamente di dimenticare. Questa è la storia che ci racconta Ilaria Gaspari nel suo romanzo d’esordio Etica dell’acquario. Un libro con due anime: un noir che si fonde col romanzo introspettivo, dove la fabula dà vita a un intreccio ricco di suggestioni psicologiche.
Storia da “ipocondriaci degli addii” con la “perversione magnetica del futuro anteriore”, di coloro che scappando hanno tentato la fuga da se stessi, lasciandosi dietro una parte di sé. Unica colpa, questa (ben più grave di qualsiasi crimine), con la quale fare i conti.
Fra le righe l’eco del romanzo di formazione: la metamorfosi della protagonista Gaia da giovane matricola a donna in carriera. Passaggio non lineare, ricostruito a posteriori nella frammentarietà di flashback innescati dal potere dei luoghi. Dalla vivida descrizione del primo arrivo a Pisa (città con la quale Gaia intrattiene un rapporto tanto profondo quanto meno “genealogico”) a quella di un ritorno angoscioso carico di aspettative e timori.
Non era la mia città, non lo era mai stata: ero arrivata troppo tardi per prendere l’accento di chi ci nasceva. Eppure non avevo mai sentito di appartenere con quell’intensità a nessun altro luogo, mentre lungo la strada per l’albergo a ogni angolo ritrovavo un ricordo sommerso.
Era una sensazione che avevo provato spesso, quell’attesa ansiosa, negli anni di Pisa. E la ritrovavo intatta solo ora, dopo tanto tempo, mentre cercavo di immaginare cosa avrei dovuto sopportare nei giorni successivi. Gli interrogatori della polizia, le domande degli investigatori, l’inventario di quel che era rimasto. Eravamo rimasti anche tutti noi, e avrebbero frugato palmo a palmo il nostro passato. Ma, più di tutto il resto, mi infastidiva l’idea che, qualunque cosa avessero trovato, l’avrebbero chiamata verità.
È una storia, questa, in cui le estensioni temporali non si dispiegano diacronicamente ma sincronicamente. Dove il passato è sempre presente anche quando tradito e negato. Una storia dove amicizie tossiche continuano ad avvelenare l’esistenza anche oltre la morte. Ma è anche una storia di sodalizi silenziosi tra “superstiti”.
Aspra e lucida la critica della realtà accademica che fa da sfondo alla vicenda. Dietro un nome prestigioso, come quello della Normale di Pisa, viene smascherato un mondo opprimente di tensione e competitività, dove domina l’imperativo crudele della rivalità e logiche da caserma militare. Dove le vittime vestono i panni dei carnefici e si prendono la loro rivincita sul mondo, compiendo la metaforica trasmutazione acquatica alla quale allude il titolo.
Nella vasca di cemento in cui i pesci per sopravvivere sviluppavano quei caratteri mostruosi, l’acqua ristagnava, si faceva verde e muscosa; e io vedevo all’improvviso che stare alla Scuola era proprio come essere dentro un acquario.
Lo stile è naturale nella sua eleganza, la scrittura fluida non annoia mai, neanche nelle soste in cui la narrazione si arrotola su se stessa per consegnarci dei veri e propri stream of consciousness.
Il finale è risolutivo quanto basta e giunge nel punto esatto oltre il quale si annida il rischio del banale e del convenzionale.
Etica dell’acquario
Ilaria Gaspari
Voland – Collana Amazzoni
Roma 2015
ISBN 978-88-6243-217-7
disponibile anche in eBook