L’AUTUNNO È L’ULTIMA STAGIONE DELL’ANNO di Nasim Marashi

Teheran, giorni nostri, tre amiche affrontano, ognuna a modo proprio, piccole e grandi sventure. Non si parla di guerra, né di miseria. Le protagoniste de L’autunno è l’ultima stagione dell’anno appartengono, se possibile, ai “privilegiati”, ma si trovano in un limbo, combattute tra valori antichi e valori moderni, tra desideri propri e aspettative altrui. Nasim Marashi, pur mantenendo sullo sfondo alcuni elementi della storia e della cultura del suo popolo, sembra mostrarci come, in fondo, la vita delle ragazze iraniane alla soglia dei trent’anni, non sia poi così diversa da quella delle coetanee italiane.
Leila, Shabane e Rogia si conoscono dai tempi dell’università, si sono laureate in ingegneria e, a eccezione di Leila che può permettersi di non lavorare, hanno un impiego coerente con i loro studi. Ma questo non basta per essere felici.

Papà […] sa solo che vado a lavorare e crede che io sia felice. Papà è convinto che sua figlia sia un ingegnere forte e di successo, capace di muovere le montagne. Un ingegnere senza nessuna preoccupazione per il futuro. Papà non sa molte cose.

Il romanzo è diviso in due parti: Estate e Autunno. Le due stagioni rivestono per i personaggi un valore, rispettivamente, negativo e positivo. È l’autunno portatore di un rinnovamento. Al cambiamento climatico fa, tuttavia, da controparte una certa fissità nelle vite delle tre protagoniste.
Accadimenti che appartengono a un passato vicino rimangono il retroscena che alimenta pensieri e azioni della routine quotidiana. È un tempo piuttosto breve ma dilatato quello della narrazione. Ogni capitolo è come la pagina di un diario mentale. Momenti di condivisione, come un pranzo, una cena, un appuntamento, costituiscono i nodi narrativi dai quali si dipartono i fili delle tre esistenze, unite, sì, dall’amicizia, ma immerse in realtà ognuna nel “liquido” isolante delle proprie preoccupazioni.
Un libro difficile da digerire, ben scritto e forse proprio per questo pesante come un mattone. Le atmosfere e gli stati d’animo passano attraverso una prosa dal ritmo greve e asfissiante come solo i pensieri che girano a vuoto, di chi non riesce a uscire da un’ impasse esistenziale, sanno essere.
Leila intrattiene un continuo e doloroso dialogo con un interlocutore assente: Misaq, il marito che l’ha lasciata per raggiungere il Canada. Shabane, schiacciata dal peso di una situazione familiare difficile, è incapace di prendere qualsiasi decisione. Si limita a guardare con benevola invidia e nostalgia all’antico rapporto tra Leila e Misaq. Rogia, invece, a Misaq deve la forza nel riuscire a vedere un futuro promettente davanti a sé. Apparentemente caparbia e coraggiosa solo perché non piange mai, è in realtà anche lei vittima delle sue scissioni. Se Leila, per restare ha perso l’amore, lei per andarsene è disposta a perdere tutto, non senza paura.

La mia mente oscilla tra qui e lì, da casa mia a casa di Amir Ali, da Tehran a Tolosa. Questi svergognati mi hanno fatto salire su una grande altalena e mi spingono da un’estremità all’altra della terra. Non sono né qui né lì. Sono sospesa in aria. Sono due mesi che sono rimasta sospesa in aria. Il giorno che ho consegnato i documenti, è come se fossi partita anch’io con loro. Sono andata via da qui e non sono arrivata da nessuna parte.

I motivi che emergono da questi spaccati di vita sono molteplici e tutti, in fondo, riconducibili al tema dell’immobilità: fisica, come pure mentale. Le catene assumono una forma di volta in volta diversa. Dagli intoppi burocratici ai vincoli familiari, c’è sempre qualcosa che fa da ostacolo. Misaq, colui che è andato via, rappresenta per ognuna delle tre ragazze qualcosa di importante seppure diverso: un rimpianto, un modello, un’ambizione… Egli è, in sostanza, la personificazione del cambiamento che le protagoniste non riescono a imporre alla loro esistenza. Rimane come sospesa la loro vita, in un’atmosfera pesante e “viziata” dove regna l’incomprensione. Se ognuna delle tre ragazze si sente vittima del proprio destino, è tuttavia pronta ad attribuire alle altre la piena responsabilità di ciò che le affligge. La situazione dell’una sembra opporsi a quella dell’altra, ma gli opposti finiscono per toccarsi nel trionfo della frustrazione. L’unica consolazione sembra rimanere l’amicizia, imperfetta forse, ma comunque un utile palliativo.


L’autunno è l’ultima stagione dell’anno
Nasim Marashi
traduzione di Parisa Nazari
Ponte33
Civitavecchia 2017
Pagine 202
€ 15,00

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