La questione più che altro è il libro d’esordio di Ginevra Lamberti. E’ la storia di Gaia, che poi tanto Gaia non è. Studentessa fuoricorso del Dipartimento di Studi Euroasiatici, in procinto di laurearsi con una tesi sul tagiko, Gaia vive con la madre (la genitrice) nella valle circondata da ricordi (nonna-di-su, nonna-di-giù, nonno-di-su, nonno-di-giù) e persone reali più o meno strambe. Il padre (il genitore), malato, vive con Marta (la compagna) in un paese vicino Treviso.
Gaia studia, lavoricchia, si laurea, cerca lavoro, non trova lavoro, trova lavoro. Si trasferisce dalla valle a Mestre, da Mestre a Venezia.
Come dicevo, mancano diciannove giorni a Natale, venticinque a Capodanno, qualcosa di piú e di ancora imprecisato all’ultimo esame. Adesso torno dentro a studiare, perché sto bene, non so se l’ho già detto, la questione è piú che altro che alla lunga mi annoio di noia mortale a stare nella valle dove vivo.
Il Veneto della Lamberti non è soltanto uno sfondo alla storia ma è uno dei protagonisti. È il Veneto di una generazione di giovani che cercano lavoro, un lavoro che rimane sempre lavoretto, che sposta l’idea di stabilità in un futuro sempre più lontano, quasi in un non-futuro. Venezia è la laguna più romantica del mondo dove “Piazza San Marco è quel tipo di piazza in cui, invece della democrazia, ci nascono gli album di famiglia dei turisti malesi”.
Curriculum inviati per lavori improbabili, l’esperienza al call center, il lavoro a tempo indeterminato in una grande catena di ristorazione americana (non il McDonald’s, no), la vacuità della provincia e del mondo che ci circonda.
Il romanzo è tutto in prima persona, la scrittura è svelta, ironica, e infatti l’ironia pervade il libro dall’inizio alla fine, strappando risate anche se da ridere ci sarebbe ben poco.
Gaia è annoiata, e in preda a continue crisi di panico, ma mai negativa.
Della disoccupazione alle porte non me ne sto preoccupando più di tanto, questo perchè a sistemare tutto adesso dovrebbe subentrare la questione dell’essere miracolata. È arrivato l’anno nuovo, il Natale ha lasciato come strascico principale una spugnetta abrasive per piatti a forma di abete. Ho dato l’esame, ho passato l’esame, la pausa dall’internet la chiudo senza proroghe. In previsione dell’uscita dal mondo degli studenti, si fa più pressante l’esigenza di trovare un sistema di mantenimento qualificato e a norma di legge.
Il libro si sviluppa in capitoli abbastanza brevi, che scandiscono il tempo e lo spazio della protagonista accompagnando il lettore gradualmente nel suo mondo.
Nella leggerezza delle parole per affrontare temi come malattia e morte ho ritrovato un po’ del fatalismo buono di Ugo Cornia nel suo Sulla felicità a oltranza. Quel modo di raccontare e stemperare il dolore senza banalizzarlo.
Solo alla fine del libro per poche pagine, viene abbandonata l’ironia per lasciare spazio ad una velata tristezza.
La Lamberti è la voce nuova di una generazione nuova, che ritorna a parlare del Nordest. Questa volta al femminile.
Sotto alla pioggia ormai battente con Norman al fianco, penso che, se tra noi potrà fallire o meno, non lo saprò mai, ma se lavoro ad abbastanza serate di catering magari riesco a mettere via abbastanza soldi per partire a fare il giro del globo, tutto dritto da est a ovest, giro il globo in orizzontale e lo taglio, magari si apre e dentro ci trovo cosa mi manca.
La questione più che altro
di Ginevra Lamberti
Anno 2015
p.203
€ 13,00
Nottetempo (collana Narrativa)