Niccolò Ammaniti, nel suo ultimo romanzo Anna, catapulta il lettore in una Sicilia del 2020 in cui un virus che genera una febbre mortale (la Rossa) ha ucciso tutte le persone adulte.
Rimangono solamente i bambini, tutti condannati a morte una volta giunti nell’età dell’adolescenza.
La protagonista, Anna appunto, è una ragazzina di 13 anni che assieme a suo fratello minore Astor, al cane Coccolone e a un ragazzo, Pietro, conosciuto lungo il percorso, viaggia in direzione del “Continente” nella speranza di trovare qualche adulto sopravvissuto che abbia già trovato un antidoto.
[…] C’erano mille leggende assurde su come guarire dalla Rossa. In molti erano sicuri che qualche Grande fosse sopravvissuto all’epidemia, che oltre il mare, in Calabria, ce ne fossero ancora. Si nascondevano in rifugi sotterranei e bastava trovarli per essere curati. Altri erano convinti che dovevi andare sott’acqua con una gallina e rimanerci fino a che non moriva: guarivi perché le trasferivi il virus. E c’era chi credeva che bisognasse mischiare il cibo con la sabbia, o salire su una montagna vicino Catania da cui nascevano le nuvole. Insomma, se ne dicevano tante. Anna sapeva solo che aveva visto migliaia di Grandi ridotti a mucchi d’ossa e non aveva mai incontrato nessuno che avesse superato i quattordici anni.
Ammaniti è uno scrittore dotato di un gran talento nell’utilizzare un linguaggio che scorre lieve e vivo con il quale riesce a far combaciare alla perfezione i diversi pezzi del puzzle che è una sua storia. Il suo lessico è coerente, la sua forza è la caratterizzazione dei personaggi che prendono vita e rimangono impressi nella memoria del lettore.
Anche in questo romanzo i personaggi (Anna ma soprattutto Astor) sono figure che “emergono” dalle pagine nella loro verosimile vitalità, con i loro caratteri infantili ma ben individuabili. E anche lo stile dello scrittore risulta ben oliato e capace di far funzionare a dovere la macchina narrativa.
Ma Anna ha, a mio avviso, una pecca che non permette di collocarlo fra i migliori romanzi della produzione di Ammaniti. La trama risulta più macchinosa rispetto a quella, ad esempio, di Ti prendo e ti porto via o di Io non ho paura: pur partendo da un’idea originale (uno scenario distopico calato in una realtà di provincia italiana), le scene appaiono talvolta ripetitive e gli eventi accostati senza un convincente climax narrativo.
La lettura, nonostante questo, risulta comunque molto piacevole, in alcuni passi toccante (la scena in cui Astor “profana” la camera dove giace la madre morta e si infila un suo vestito commuove). Indubbia e consolidata è l’abilità dell’autore nel mettere in scena il mondo fragile dei bambini e dei ragazzi, sempre sul filo di sentimenti vissuti in modo assoluto, così colorato e vero rispetto al grigiore della sfera adulta o, in questo caso, allo sfacelo di un ambiente rovinato, pieno d’immondizia e cadaveri.
Era preoccupata. Suo fratello aveva cominciato a strapparsi i capelli e a parlare da solo. Faceva lunghe chiacchierate fra sé e sé in una lingua tutta sua, piena di esclamativi e risatine. […] Era ritornato nel suo mondo fatto di cose piccole, di sassi, insetti, animaletti morti e bastoni.
Anna
di Niccolò Ammaniti
Anno 2015
p. 274
€ 19,00
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