Sono passati 23 anni da quella mattina. La mattina in cui il padre di Ida, protagonista dell’ultimo libro di Nadia Terranova Addio fantasmi, è uscito da casa e non è più tornato.
La morte è un punto fermo, mentre la scomparsa è la mancanza di un punto, di qualsiasi segno di interpunzione alla fine delle parole. Chi scompare ridisegna il tempo, e un circolo di ossessioni avvolge chi sopravvive.
Ed è questo che fa Ida, tenta di sopravvivere affrontando proprio quei fantasmi che le hanno condizionato la vita.
Poi un giorno di settembre riceve una chiamata da sua mamma: entro qualche giorno devono iniziare i lavori di ristrutturazione del tetto della loro casa, per poi venderla, deve decidere cosa tenere e cosa buttare.
Non funzionano mai le cose quando si trasportano da un’epoca all’altra, stanno bene dove stanno e c’è sempre un motivo per cui i ricordi devono restare nei ricordi e non venire a disturbare il presente.
Ida però parte, lascia alle spalle Roma, la città dove si è trasferita, e Pietro, il marito dal quale non ha avuto figli, e raggiunge Messina. Torna nell’isola, nel suo passato, tra le mura di una casa carica di silenzi.
La narrazione è scandita in tre parti, come fossero i tre pezzi mancanti di un puzzle più grande – l’esistenza di due donne che aspettano – che Ida ancora non riesce a vedere. Ci vuole il tempo, il confronto e lo sconforto, ci vogliono i ricordi, le notti insonni e i nuovi incontri per far sì che Ida dica davvero addio ai suoi fantasmi. Dica addio ad un funerale mai celebrato, dica addio ad un orologio fermo alle sei e sedici, dica addio ad un nome mai pronunciato, ma che è penetrato in ogni angolo della casa, in ogni oggetto, in ogni dialogo tra lei e sua madre, e in ogni sua debolezza, nelle sue incertezze, nel suo matrimonio, nei racconti che lei scrive.
Le parti in cui è scandito il romanzo sono fasi che il lettore vive con Ida e con se stesso perché, come scrive l’autrice nelle ultime pagine, “veniamo tutti da un funerale, tutti abbiamo perso qualcuno e sappiamo quanto lunghissimo e ingiusto sia il tempo davanti a noi, il tempo senza quella persona.”
Ida però il funerale di suo padre, Sebastiano Laquidara, non lo vivrà mai ed è l’ostacolo più grande: l’assenza di un corpo a cui dire addio. Questa assenza è l’ombra di Ida, è lo spartiacque tra la bambina che assiste ogni giorno la depressione del padre e la donna che ha tentato di diventare con la quale ora, nella sua piccola stanza, si trova a confrontarsi.
I lavori sul tetto della casa diventano il lavoro che Ida fa dentro se stessa e con i suoi fantasmi. Gira per Messina, ricorda i pomeriggi con i pattini ai piedi e rincontra Sara, l’amica d’infanzia, un rapporto sotterrato dal tempo e dall’incapacità di Ida di saper gestire il dolore che può colpire gli altri. Se durante l’adolescenza non è stata in grado di stare accanto all’amica e di parlare con una mamma che si nascondeva nel suo lavoro al museo è nell’età adulta, con il giovane Nikos, che impara ad ascoltare l’altro e a capirne il dolore. Anche lui porta dentro di sé una perdita, una colpa con cui confrontarsi e dei fantasmi a cui tentare di dire addio.
Sarà anche grazie a questo giovane ragazzo che si occupa insieme a suo padre dei lavori sul tetto, alle discussioni con la madre, ad un desiderio ritrovato con il marito che Ida riesce a dire addio. Lo farà con una scatola rossa, una scatola di ricordi, di profumi e soprattutto della voce del padre. È riascoltando proprio questa voce che Ida non sarà più una sopravvissuta e inizierà a vivere, si libererà di se stessa e delle sue paure.
Il padre può uscire di scena in quel mare tra due terre: l’Ida di ieri e quella di oggi.
Gli oggetti non sono affidabili, i ricordi non esistono, esistono solo le ossessioni. Le usiamo per tenere la crepa aperta e ci raccontiamo che la memoria è importante, che noi soltanto ne siamo guardiani. Teniamo la ferita larga perché ci stiano dentro i nostri mali, i nostri timori, stiamo attenti che sia profonda abbastanza da contenere il nostro dolore, guai a lasciarlo vagare.
Ci sarebbe molto altro da aggiungere su questo libro di Nadia Terranova, la lettura è stata divorante e a tratti catartica. L’autrice ci porta in una dimensione quotidiana che diventa familiare e così vicina a noi da sentirci coinvolti. Penso che nessuno possa perdersi questo romanzo perché tutti siamo un po’ sopravvissuti, tutti abbiamo perso qualcuno e tutti cerchiamo una risposta al vuoto e nel vuoto che ci è stato lasciato.
ADDIO AI FANTASMI
Nadia Terranova
Einaudi. Stile libero big
2018
208 pp.