Quando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Scrivere mi è piaciuto da sempre. A scuola, il tema era il mio momento preferito. Cercavo di metterci quel di più di fantasia che mi permettesse di eludere la domanda diretta espressa dalla traccia e di seguire un mio percorso personale, di raccontare una storia. Ecco, andando forse un po’ fuori tema ho iniziato a scrivere. Ma non avevo il sogno di diventare una scrittrice; da bambina, alla domanda canonica su cosa volessi fare da grande, rispondevo più frequentemente “la giornalista”: mi sembrava un lavoro più faticoso, e dunque più serio, più “mestiere”. In fondo, ancora oggi penso che sia così, e non mi definirei mai una scrittrice solo per aver scritto uno, due, tre libri.
Lavoro con le parole, in vari modi, e dunque posso dire che effettivamente faccio quel che avrei voluto fare da sempre. Continua a leggere
Author: Annalisa Trabacchin
Penna a penna. Intervista con l’autore: Sarah Spinazzola
Quando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Ho iniziato a scrivere quando ero piccola, intorno ai sette anni, quando mia mamma mi regalò un diario segreto, subito dopo aver letto il Diario di Anna Frank. Non ero sicura di niente quando ho cominciato, ma la scoperta che potevo raccontare dentro a un diario tutto quello che mi succedeva dentro, mi esaltava moltissimo.
Che cosa scriveva all’inizio? È stata incoraggiata da qualcuno e se sì, da chi?
Crescendo, lo scrivere si limitava alla forma diaristica. Verso i quindici anni, ho cominciato a leggere gli unici libri che giravano per casa. Erano quelli di Osho, che all’epoca non era così diffuso come adesso. Mia mamma, che era stata in India ed era stata una sua discepola, tornando in Italia aveva portato con sé alcuni suoi libri. In quel periodo, leggendo i libri di Osho, ho desiderato scrivere realmente, ma non racconti o romanzi, volevo scrivere di filosofia, cioè pensieri, soprattutto sulla vita. È stato verso i ventidue, dopo aver abbandonato gli studi di filosofia all’Università, che ho cominciato ad andare in biblioteca, e dopo aver conosciuto un ragazzo che all’epoca stava scrivendo il suo primo libro, (poi pubblicato da Baldini e Castoldi, Manuale per diventare Valerio Millefoglie) ho cominciato a scrivere racconti. La mia prima raccolta di racconti si chiamava: Mamma, scendo giù in cortile! (cosa di cui mi vergogno molto e che mi fa tenerezza insieme).
È stato Valerio Millefoglie il primo a incoraggiarmi. E per Baldini e Castoldi uscì nel 2004 il mio primissimo racconto, all’interno dell’antologia, Scontrini. Racconti in forma d’acquisto. E poi in seguito, anni dopo, Paolo Nori pubblicò nel 2010 alcuni miei racconti nella rivista letteraria, L’Accalappiacani, edita da Derive Approdi. Continua a leggere
Penna a penna. Intervista con l’autore: Ilaria Gaspari
Quando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Da bambina ero una piccola grafomane. Scrivevo molto, mi avventuravo in generi diversi. Scrivere, allora, era il mio sogno, e anche l’unico mestiere che pensavo che avrei potuto fare. Non ho mai creduto di voler fare la dottoressa o l’astronauta o la cantante. Anche perché sarei stata troppo goffa per fare l’astronauta, troppo ipocondriaca per fare il medico, e quanto alla musica, ho un disturbo un po’ curioso, che si chiama amusia, che mi rende insensibile al ritmo – quando ero piccola non sapevo di cosa si trattasse, ma la mia insensibilità al ritmo l’avvertivo già. Poi, durante l’adolescenza, per un severo senso di inadeguatezza, ho smesso; per anni non ho scritto niente, se non i temi a scuola. Ho ripreso all’improvviso, in una specie di febbre, verso la fine dell’università.
Penna a penna. Intervista con l’autore: Andrea Molesini
Penna a penna. Intervista con l’autore: Federico Moro
1. Quando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
Posso dire di avere sempre scritto. Poesie, appunti, commenti, riflessioni, racconti brevi. La forma scritta rappresentava il modo normale di organizzazione del pensiero. Di base sono uno storico ed era questo che desideravo diventare: un indagatore del tempo per cercare di carpire i suoi segreti alla verità. Il lato letterario si è sviluppato, per così dire, come una sorta di deviazione del ramo principale. Tale resta ancora oggi.
2. Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Ho cominciato con la poesia. A lungo è stata la forma letteraria che mi sembrava più adatta a esprimere quanto cercavo di dire. Ancora adesso cerco nei versi quegli accenti che non riesco a trovare altrove. Non ho mai ricevuto alcun incoraggiamento. Anzi. Scrivere per me è stato quasi un atto d’insubordinazione, di sicuro una dimostrazione di ostinazione. O di volontà, se si preferisce.
Penna a penna. Intervista con l’autore: Eleonora Sottili
1. Quando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
A me è sempre piaciuto scrivere, in seconda elementare, componevo poesie. Poi ho anche scritto un romanzo, di cui non ricordo molto, ma so che parlava di pecore. Il motivo di questa ambientazione agreste mi è tuttora sconosciuto, e comunque per molto tempo quel romanzo sulle pecore è rimasto la mia opera più valida, perché nella fase adolescenziale ho preso una deriva filosofico-sentimentale terribile: tutti i miei personaggi stavano seduti al tavolino e parlavano tra loro. Erano pagine di una noia mortale.
Nonostante le oscillazioni del mio talento, ho sempre sognato di diventare una scrittrice, ma ho impiegato diversi anni e ho fatto moltissimi giri prima di riuscire a capire come si faceva.
Continuava a essere un sogno dietro a tutto il resto. Mi sono laureata in psicologia, ho lavorato in ufficio, in ospedale, ho insegnato, ma continuavo a dirmi: da grande voglio fare la scrittrice. Il problema maggiore credo fosse diventare grande. Continua a leggere
Penna a penna. Intervista con l’autore: Carla Menaldo
1. Quando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Ho sempre avuto una passione per la scrittura, ho cominciato a scrivere poesie come molti adolescenti, ma volevo diventare un medico. Non così agli opposti, pensandoci bene, visto che nei secoli medicina e scrittura sono spesso andati a braccetto.
2. Che cosa scriveva all’inizio? È stata incoraggiata da qualcuno e se sì, da chi?
A parte le poesia, brevi racconti spesso in forma diaristica. Ho trovato insegnanti di lettere molto bravi sia alle scuole medie che al liceo, che hanno sempre incoraggiato la mia espressione letteraria. Unitamente a questo ho partecipato a vari concorsi letterari classificandomi spesso tra i primi posti. Continua a leggere
LA QUESTIONE PIÙ CHE ALTRO di Ginevra Lamberti
La questione più che altro è il libro d’esordio di Ginevra Lamberti. E’ la storia di Gaia, che poi tanto Gaia non è. Studentessa fuoricorso del Dipartimento di Studi Euroasiatici, in procinto di laurearsi con una tesi sul tagiko, Gaia vive con la madre (la genitrice) nella valle circondata da ricordi (nonna-di-su, nonna-di-giù, nonno-di-su, nonno-di-giù) e persone reali più o meno strambe. Il padre (il genitore), malato, vive con Marta (la compagna) in un paese vicino Treviso.
Gaia studia, lavoricchia, si laurea, cerca lavoro, non trova lavoro, trova lavoro. Si trasferisce dalla valle a Mestre, da Mestre a Venezia.
Come dicevo, mancano diciannove giorni a Natale, venticinque a Capodanno, qualcosa di piú e di ancora imprecisato all’ultimo esame. Adesso torno dentro a studiare, perché sto bene, non so se l’ho già detto, la questione è piú che altro che alla lunga mi annoio di noia mortale a stare nella valle dove vivo.
Penna a penna. Intervista con l’autore: Stefano Cosmo
1. Quando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
Ho iniziato da ragazzo, non ricordo di preciso quando. A scuola mi divertivo a trasformare i temi normali in storie strane, appena ne avevo occasione. Alle superiori scrivevo battute comiche ma adoravo i gialli classici, quelli che in gergo si chiamano “a scatola chiusa”.
Non ero sicuro di voler diventare uno scrittore, più che altro perché non avevo le idee chiare su cosa volevo diventare. Un po’ come ora.
2. Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Il mio primo romanzo è stato un noir. Ci sono state due figure molto importanti che mi davano e mi danno la carica giusta per continuare a scrivere: la mia famiglia e Massimo Carlotto. Continua a leggere
Penna a penna. Intervista con l’autore: Alessandro Toso
1. Quando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
Quando mia moglie, durante un viaggio in auto, mi ha detto una cosa del tipo “Tu sei un cretino. Ti ostini a fare un sacco di cose per le quali non hai alcun talento, e non fai l’unica che potrebbe davvero riuscirti bene. Scrivere”. Come spesso capita, aveva ragione. Ho capito qualche mese dopo che non avrei avuto scelta, da quel momento sarei DOVUTO diventare uno scrittore; che lo volessi, o meno.
2. Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Come capita spesso ho cominciato con racconti più o meno lunghi, che ho sottoposto a un’amica che all’epoca lavorava all’Ufficio Diritti di RCS. Le sono piaciuti al punto da propormi di diventare la mia editor. Dopo il primo romanzo il rapporto si è interrotto (suppongo che si possano subire le ubbie e l’ego di uno scrittore esordiente solo fino a un certo punto), ma il lavoro di palestra e sollevamento pesi metaforici cui mi ha sottoposto è servito tantissimo! Continua a leggere
LA FORMA MINIMA DELLA FELICITÀ di Francesca Marzia Esposito
Luce vive a Milano, Luce vive barricata in casa, perché uscire fa paura. Luce guarda solo il Canale 32, l’unico che la tv riceve, televendite di gioielli giorno e notte. Luce sopravvive. Fino a quando, prima impercettibilmente e poi in modo via via sempre più evidente, qualcosa cambierà. Nella sua routine entra la piccola Viola/Bambina. Viola che non parla ma capisce, Viola che attacca post-it sulla parete, Viola che telefona a Canale 32 e che fa entrare così nella vita di Luce una forma minima di felicità.
Trascorse il tempo così, post-it appiccicato sul vetro sporco, occhi proiettati a chilometri di distanza. Una parte di me ripercorreva nei suoi silenzi l’esatta percezione dell’essere piccoli in un mondo sconfinato. Mi dava le spalle, i capelli raccolti sulla nuca tonda, la pelle trasparente del collo, le suole degli stivaletti a vista sotto i glutei. Toccò con l’indice il vetro, lo fece scorrere come a tracciare una linea, poi si bloccò e riprese in un’altra direzione.