HEIMAT di Nora Krug

Come fai a sapere chi sei, se non sai da dove vieni?

Nel panorama dell’editoria contemporanea non è raro scovare graphic novels preziose, vere e proprie chicche di autori capaci di arricchire testi importanti con immagini evocative e poetiche. È il caso di “Heimat. Un album di famiglia” dell’illustratrice tedesca naturalizzata statunitense Nora Krug. L’autrice racconta il suo percorso di ricerca per ricostruire la storia della sua famiglia durante la seconda guerra mondiale. 

Cresciuta nella Germania del dopo muro, Nora Krug ha da sempre dovuto fare i conti con la propria identità di tedesca e con la colpa del suo popolo agli occhi dell’Europa e del mondo intero. È una colpa che si è incollata addosso ai tedeschi, che dal secondo dopoguerra cercano di espiare con il rigore morale e con l’affidabilità tecnica dei loro prodotti industriali. 

Essere FEHLERFREI (esenti da errori) era il nostro obiettivo universale. Le penne dei professori dividevano i nostri quaderni in giusto e sbagliato, e la chiarezza dei segni rossi era rassicurante quanto impetuosa.”

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TERESA DEGLI ORACOLI di Arianna Cecconi

Prima de morir tu anima esce dal corpo per recuperare le sue tracce. L’anima deve camminare in tutti i luoghi donde è stata perché allì ha lasciato un pezzetto, un poquito de sé. Deve riprenderli tutti. Solo asì può ripartire completa. Seguro che la mi anima prima de morir dovrà traversar el oceano e tornare in Italia e in tutti i paesi e le città in cui sono stata. Verrà también a trovare voi e poi camminerà sulle montagne donde ho pascolato le mie pecore. Dovrà passar anche da Lima, la capital. Quella della nonna ya sta camminando. Sarà tornata nella cascina donde abitava prima o starà facendo un gireto per il pueblo. Quando l’anima esce anche il corpo trema, e gli oggetti se desplazan.

In Perù si dice che, quando si è vicini alla morte, la propria anima ripercorre i luoghi e le situazioni rimaste irrisolte negli anni per regolare i conti sospesi e poter lasciare la terra finalmente in pace. Questo processo sembra richiedere molto tempo a Teresa, da anni ferma e apparentemente dormiente nel suo letto posizionato nel salotto di casa.

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NEL PROFONDO di Daisy Johnson

I luoghi dove siamo nati ritornano. Si travestono da emicranie, mal di stomaco, insonnia […]. Ci sono cresciuti dentro, sono il nostro midollo. Se ci rovesciassero come un guanto, troverebbero delle mappe incise dietro la pelle. Servono proprio a ritrovare la strada di casa. Solo che dietro la mia pelle non ci sono canali, binari ferroviari e una barca, ma sempre e solo tu.

Gretel è una donna dal nome di fiaba, la cui vita stessa ha tinte fiabesche. Ma di quelle di tradizione grimmiana: cupe, inquietanti, dove tutto è avvolto da un persistente senso di paura che permea tutte le cose. Cresciuta su un battello sul fiume, allevata dall’eclettica madre che la abbandona  adolescente, la Gretel adulta deve fare i conti con  la mancanza ingombrante della figura materna, che ingombrante lo è stata sempre, e con l’incapacità di vedere chiaramente tutti i tasselli del suo passato, offuscati dal tempo come fossero sporcati dall’acqua fangosa dei canali nei quali è cresciuta.

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IL TRENO DEI BAMBINI di Viola Ardone

Se è vero che i libri possono curare di disagi dell’animo, il romanzo di Viola Ardone è capace di donare un po’ di serenità e di calore in tempi non sempre rosei. La penna della scrittrice ci accompagna nell’Italia del secondo dopoguerra, nei rioni napoletani poveri di beni e di cultura ma ricchi di voci e di vita. In queste vie e in queste piazze cresce il piccolo Amerigo, che racconta con ingenuità e con una maniera sgrammaticata che scalda il cuore la quotidianità della sua famiglia, composta solo da sé stesso e dalla giovane e granitica madre, le terribili donne del quartiere, i giochi con gli amici e la mancanza di prospettive alla quale è destinato. È per i bambini come lui che l’Unione delle Donne Italiane del PCI ha pensato ai “treni della felicità”, che portarono migliaia di giovani del Sud nelle famiglie borghesi del Settentrione. Amerigo si ritrova così imbarcato su un treno pieno di bambini, come loro eccitato ma intimorito al tempo stesso, ferito dal distacco dalla madre e dalla sua terra e spaventato dalle malelingue che accusavano i comunisti di indirizzare i treni verso la gelida e terribile Russia sovietica. A Bologna non trovano case di ghiaccio e famelici uomini affamati di bambini, ma famiglie emiliane disponibili ad accoglierli per periodi più o meno lunghi.

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