LE FRAGILI ATTESE – Mattia Signorini

LeFragiliAtteseQuando diventò il proprietario della Pensione Palomar, nell’inverno del 1952, Italo rimase a lungo seduto sul pavimento della sua stanza. Osservava una piccola macchia di muffa. Dall’angolo vicino alla finestra si stava allargando verso l’alto come il sentore di un’attesa.

Questo romanzo è una storia che ne racchiude tante altre: a fare da sfondo alle vicende, fino a diventarne essa stessa una protagonista, è la pensione Palomar, un anonimo edificio situato nella zona periferica di una grande città e e crocevia di numerose esistenze che, tra le quattro mura del piccolo albergo, si dipanano e si intrecciano.
Nel presente narrativo Italo, che gestisce la pensione da quarantasei anni, è intento a sbrigare le ultime faccende prima di chiudere definitivamente l’attività e girare un po’ il mondo, come avrebbe sempre voluto fare. A distrarlo è il ritrovamento di alcune lettere d’amore risalenti agli anni cinquanta; Italo, non accontentandosi di conoscere solo i contorni della vicenda deducibili dalle parole contenute in quelle lettere, decide di mettersi alla ricerca dell’autrice misteriosa, la quale si firma solo con l’iniziale S.:

Cosa era successo tra lei e l’uomo a cui scriveva le lettere? Italo non riusciva a capirlo. Forse la risposta era scritta in quelle che doveva ancora leggere, o in modo più semplice, gli venne da pensare, era scritta nella vita, che non va mai come vorremmo veramente.

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ANNA di Niccolò Ammaniti

AnnaNiccolò Ammaniti, nel suo ultimo romanzo Anna, catapulta il lettore in una Sicilia del 2020 in cui un virus che genera una febbre mortale (la Rossa) ha ucciso tutte le persone adulte.
Rimangono solamente i bambini, tutti condannati a morte una volta giunti nell’età dell’adolescenza.
La protagonista, Anna appunto, è una ragazzina di 13 anni che assieme a suo fratello minore Astor, al cane Coccolone e a un ragazzo, Pietro, conosciuto lungo il percorso, viaggia in direzione del “Continente” nella speranza di trovare qualche adulto sopravvissuto che abbia già trovato un antidoto.

[…] C’erano mille leggende assurde su come guarire dalla Rossa. In molti erano sicuri che qualche Grande fosse sopravvissuto all’epidemia, che oltre il mare, in Calabria, ce ne fossero ancora. Si nascondevano in rifugi sotterranei e bastava trovarli per essere curati. Altri erano convinti che dovevi andare sott’acqua con una gallina e rimanerci fino a che non moriva: guarivi perché le trasferivi il virus. E c’era chi credeva che bisognasse mischiare il cibo con la sabbia, o salire su una montagna vicino Catania da cui nascevano le nuvole. Insomma, se ne dicevano tante. Anna sapeva solo che aveva visto migliaia di Grandi ridotti a mucchi d’ossa e non aveva mai incontrato nessuno che avesse superato i quattordici anni.

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L’ARABO DEL FUTURO di Riad Sattouf

Copertina l'arabo del futuroHo conosciuto Riad Sattouf alla presentazione che ha tenuto al Festival di Internazionale a Ferrara. Mentre, come dedica, mi disegnava il piccolo protagonista dai boccoli biondi (cioè se stesso) del suo magnifico romanzo a fumetti autobiografico, io sbirciavo di sottecchi, pieno di curiosità,  la sua capigliatura scura.
La voce narrante dell’opera, appena tradotta in Italia da Rizzoli Lizard, L’arabo del futuro. Una giovinezza in Medio Oriente (1978-1984), già vincitrice in Francia del prestigioso premio Fauve d’or come miglior fumetto al Festival d’Angoulême 2015, è proprio quella del piccolo Riad che racconta i suoi primi sei anni di vita trascorsi fra la Francia, la Libia e la Siria seguendo gli spostamenti per lavoro del padre, professore siriano laureato alla Sorbona. Il bambino attira su di sé le attenzioni di tutti, anche a causa dei suoi capelli biondi (l’autore ha giurato, durante l’incontro, che erano proprio così nell’infanzia): i ragazzini arabi lo chiamano ebreo per questo, mentre i francesi lo considerano un arabo per il nome strano. È un alieno ovunque vada, ma ha dalla sua un carattere espansivo e una sana curiosità che gli fanno superare tanti inconvenienti.
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IL LADRO DI NEBBIA di Lavinia Petti

IlLadrodiNebbiaLo ammetto: i libri che parlano di libri, di scrittura e di scrittori sono il mio pallino. Ne ho una libreria piena e ancora non mi bastano. Perciò, quando ho visto “Il ladro di nebbia” di Lavinia Petti e ne ho scorso le prime righe, ho subito voluto farlo mio. Più ancora dopo che il libraio, vedendomi già irretita dalla prima pagina, ha esclamato alle mie spalle “stupendo!” senza troppi giri di parole. Trattandosi di un giovane libraio vecchio stampo, di quelli che i libri prima di venderli li leggono anche, ho deciso di fidarmi carica di aspettative. Chi fosse questa Lavinia Petti non ne avevo idea. “Un’esordiente”, mi aveva detto, aggiungendo curiosità alla mia voglia di leggere. Così, una volta a casa, quando ormai fuori era buio, ho ripreso la lettura pronta a finirla quella notte stessa.
Ma qualcosa non ha funzionato e l’incantesimo si è rotto. Continua a leggere

LA QUESTIONE PIÙ CHE ALTRO di Ginevra Lamberti

la-questione-piu-che-altro-d466La questione più che altro è il libro d’esordio di Ginevra Lamberti. E’ la storia di Gaia, che poi tanto Gaia non è. Studentessa fuoricorso del Dipartimento di Studi Euroasiatici, in procinto di laurearsi con una tesi sul tagiko, Gaia vive con la madre (la genitrice) nella valle circondata da ricordi (nonna-di-su, nonna-di-giù, nonno-di-su,  nonno-di-giù) e persone reali più o meno strambe. Il padre (il genitore), malato, vive con Marta (la compagna) in un paese vicino Treviso.
Gaia studia, lavoricchia, si laurea, cerca lavoro, non trova lavoro, trova lavoro. Si trasferisce dalla valle a Mestre, da Mestre a Venezia.

Come dicevo, mancano diciannove giorni a Natale, venticinque a Capodanno, qualcosa di piú e di ancora imprecisato all’ultimo esame. Adesso torno dentro a studiare, perché sto bene, non so se l’ho già detto, la questione è piú che altro che alla lunga mi annoio di noia mortale a stare nella valle dove vivo.

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SEMBRAVA UNA FELICITÀ di Jenny Offill

sembrava-una-felicità-jenny-offill-NNERaccontare una storia d’amore, un matrimonio, una vita e le sue difficoltà, una storia come tante. Ecco, Jenny Offill con Sembrava una felicità fa questo. In modo magistrale.

È un romanzo caratterizzato da una narrazione meticcia, fatta di una prosa diaristico-poetica sprigionata dai pensieri della protagonista che ci fa attraversare la sua esistenza balbettando parole sue che si mischiano a citazioni aperte e nascoste, mimetizzate in questa narrazione anomala e in apparenza disarticolata.

La protagonista è una donna ambiziosa che vuole diventare una scrittrice bravissima, e infatti: “il giorno in cui ho compiuto ventinove anni ho consegnato il mio primo libro. Se non mi sono ingannato…. Ma poi le cose accadono, e stravolgono i piani, anche i meglio congegnati.

Il mio piano era di non sposarmi mai. No, io volevo diventare un mostro d’arte. Le donne non diventano mai mostri d’arte, perché i veri mostri d’arte si preoccupano solo d’arte e mai di cose terrene. Nabokov non si chiudeva nemmeno l’ombrello, era Vera che gli leccava i francobolli.

Incontra un uomo e si sposa e ha una figlia e finisce per tenere corsi di scrittura.

Alcune donne lo fanno sembrare così facile, quel modo di scrollarsi l’ambizione di dosso come se fosse un cappotto costoso che non va più bene

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IL BUIO OLTRE LA SIEPE di Harper Lee

Il buio oltre la siepeL’attesa per l’uscita in Italia del sequel Va’ metti una sentinella prevista per il 19 novembre in edizione Feltrinelli è talmente elevata che mi ha spinto a leggere un classico della letteratura americana: Il buio oltre la siepe (titolo originale “To Kill a Mockingbird”  – Uccidere un usignolo). Conoscevo poco della figura di Harper Lee e i commenti che avevo ricevuto su questo romanzo scritto negli anni ‘60 erano tutti entusiastici.

Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede.

La storia è ambientata nell’Alabama degli anni ’30 in un paese chiamato Maycomb ed è narrata dalla voce sfrontata e innocente della protagonista, Jean Louise detta Scout, una bambina che vive con il fratello più grande Jem, il padre avvocato Atticus Finch (portato sullo schermo nella versione cinematografica da Gregory Peck che con quest’interpretazione vinse l’Oscar) e la governante di colore Calpurnia. Continua a leggere

LA VITA È UNO SCHIFO di Léo Malet

Malet_Fazi_Lavitaèunoschifo Con “La vita è uno schifo” Léo Malet sconfina dal romanzo giallo/poliziesco per inoltrarsi in un terreno ancora inesplorato che sfocerà in un nuovo genere definito noir. Il romanzo racconta la storia di Jean Fraiger, un anarchico che, assieme ad altri collaboratori, cerca di finanziare un progetto rivoluzionario mediante una serie rapine; se tali rapine in una fase iniziale hanno i connotati di espropri proletari, con il passare del tempo diventano semplici modi per un arricchimento personale da parte del protagonista, in particolare dopo che un gruppo di scioperanti si è rifiutato di utilizzare il denaro ottenuto illecitamente per finanziare ulteriori azioni di lotta operaia. Il protagonista comincia così ad accumulare soldi al solo scopo di conquistare Gloria, una donna già sposata di cui si è innamorato. Per un momento pare che proprio la donna potrà essere la chiave di volta per la risoluzione di quel puzzle disordinato che è la vita di Jean, ma, come ben spiega Luigi Bernardi nella Prefazione, nel noir nessun mosaico, in realtà, viene mai ricomposto. Continua a leggere

METROPOLI di Massimilano Santarossa

Metropoli-massimiliano-santarossaIn poche parole: in un futuro ipotetico, l’implosione delle strutture economiche porta alla dissoluzione del mondo, della società per come noi la conosciamo, porta alla quasi totale estinzione del mondo vivente. Gli uomini rimasti vagano combattendo per la vita, nella desolazione, con la speranza di trovare quello che rimane l’unico approdo che possa promettere la salvezza: Metropoli, città-fortezza che metabolizza tutto e che tutto usa per crescere, a partire dai suoi abitanti.

Giunto a Metropoli il protagonista diventerà il cittadino 5.937.178.

“Rimase seduto sull’asfalto bagnato e lucido per ore. La testa tra le mani. La schiena dolorante. Le braccia schiacciate tra le gambe. Si proteggeva dal gelo e dalla pioggia come un animale in punto di morte, abbandonato, con nemmeno la volontà di disperarsi. Dove era il recupero, dove era la salvezza, dove era la speranza cui ogni essere del passato, del presente, del futuro si affidava, erano le nere nuvole ad aver divorato Dio? Si ricordò del foglio con le indicazioni. Lo prese dalla tasca. Le dita gli tremavano, gli occhi faticavano a mettere a fuoco le lettere rosse stampate sulla carta gialla. Cittadino numero 5.937.178, il suo Alloggio del Popolo si trova alla Zona Riposo, Isolato Residenziale alla Periferia Est, Altezza Z, Posizione B 2.2.6. Raggiungibile attraverso Sistema Elettrico di Superficie.

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LA FORMA MINIMA DELLA FELICITÀ di Francesca Marzia Esposito

LaFormaMinima_Cover Luce vive a Milano, Luce vive barricata in casa, perché uscire fa paura. Luce guarda solo il Canale 32, l’unico che la tv riceve, televendite di gioielli giorno e notte. Luce sopravvive. Fino a quando, prima impercettibilmente e poi in modo via via sempre più evidente, qualcosa cambierà. Nella sua routine entra la piccola Viola/Bambina. Viola che non parla ma capisce, Viola che attacca post-it sulla parete, Viola che telefona a Canale 32 e che fa entrare così nella vita di Luce una forma minima di felicità.

Trascorse il tempo così, post-it appiccicato sul vetro sporco, occhi proiettati a chilometri di distanza. Una parte di me ripercorreva nei suoi silenzi l’esatta percezione dell’essere piccoli in un mondo sconfinato. Mi dava le spalle, i capelli raccolti sulla nuca tonda, la pelle trasparente del collo, le suole degli stivaletti a vista sotto i glutei. Toccò con l’indice il vetro, lo fece scorrere come a tracciare una linea, poi si bloccò e riprese in un’altra direzione.

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CASINO TOTALE di Jean-Claude Izzo

Casino totale Jeans-Claude IzzoUgo, Manu e Fabio sono cresciuti insieme nella zona povera di Marsiglia, vicino al porto:

I loro corpi e i loro vestiti sapevano di muffa. L’odore del quartiere. La prima ragazza che baciarono aveva quell’odore perfino in fondo alla gola. Ma se ne fregavano. Amavano la vita. Erano belli. E sapevano battersi.

Hanno condiviso tutto, perfino l’amore per la stessa donna: Lole. Dopo qualche furtarello, iniziano a dedicarsi a rapine vere e proprie, durante una delle quali succede un imprevisto: il negoziante rapinato rimane ferito gravemente. Da quel momento le vite dei tre ragazzi si separano: Manu entra nella criminalità organizzata, Ugo se ne va dalla città e Fabio diventa un poliziotto. A quest’ultimo è affidata la narrazione della storia, a partire da quando, anni dopo l’accaduto, si ritroverà a indagare sulla morte dei due amici di gioventù.
La prima dote che ho riscontrato nel romanzo è stata la scrittura altamente visiva: Marsiglia, per esempio, viene tratteggiata in modo così fortemente cinematografico che più che leggerne una mera descrizione la si vede, nei suoi vicoli e con i suoi sapori.

Ricordavo che Aznavour cantava la miseria è meno dura al sole. Sicuramente non era mai venuto fin qui. Fino a questo ammasso di merda e cemento.

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ELOGIO DELLA LETTURA E DELLA FINZIONE di Mario Vergas Llosa

Elogio della lettura copertinaQuando realizzi che la vita fa schifo, è quello il momento in cui prendi in mano un libro.
Sarà che per me è stato così e in un’età in cui ancora non avevo la consapevolezza per capire che, se amavo tanto leggere, era perché mi ribellavo a tutto quello che mi circondava.
Ma ritrovare questa verità nelle parole di Vergas Llosa è stato consolante.
Molti vedono nella lettura appassionata un modo di evadere, fuggire dalla realtà per rifugiarsi nella finzione e in parte è così, ma c’è dell’altro; un concetto più profondo e sottile che a volte anche chi lo pratica non riesce a cogliere interamente.
Chi cerca nella finzione ciò che non ha, dice, senza la necessità di dirlo, e senza neppure saperlo, che la vita così com’è non è sufficiente a soddisfare la nostra sete di assoluto, fondamento della condizione umana, e che dovrebbe essere migliore”.
Non mi permetto nemmeno di riassumere questo concetto, che peraltro campeggia sulla copertina di questo pamphlet, Vargas Llosa lo ha espresso troppo bene per banalizzarlo. Continua a leggere

IL CENTENARIO CHE SALTÒ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE di Jonas Jonasson

Guardandosi alle spalle, lanciò un’occhiata in direzione dello stabile che fino a un attimo prima aveva considerato la sua ultima dimora, dopodiché decise che sarebbe morto da qualche altra parte.

Così Allan Karlsson, il giorno del suo centesimo compleanno, scappa dall’ospizio dove vive defilandosi dalla festa che avevano organizzato in suo onore, dopo aver scavalcato la finestra della sua camera da letto. Ai piedi ciabatte marroni ricoperte di urina.
Arrivato allajonas-jonasson-il-centenario-che-saltò-dalla-finestra-e-scomparve stazione, un giovane gli affida la sua valigia ordinandogli di controllarla finché lui è ai servizi. Allan, vista l’arroganza del ragazzo, decide di appropriarsi del bagaglio e salire sul primo autobus, diretto ovunque si possa arrivare con un biglietto da cinquanta corone.
Da qui ha inizio una serie di situazioni rocambolesche, dal momento che il ragazzo che Allan ha derubato appartiene a un’organizzazione criminale; Allan si troverà così inseguito sia dal proprietario della valigia sia dalla polizia, a sua volta perseguitata dalla stampa, che con la storia del centenario in fuga riempie le prime pagine di tutti i giornali.
I capitoli alternano la narrazione dei fatti presenti a flashback che raccontano la vita passata del protagonista, in modo che, oltre alla storia attuale, mano a mano che si procede con la lettura abbiamo un quadro sempre più chiaro della vita del protagonista prima di finire in quell’ospizio. Continua a leggere

LEGGIADRA STELLA – Lettere a Fanny Brawne di John Keats

Leggiadra stella copertinaEra il 1818 quando John Keats, rientrato dalla Scozia, si trasferì a Well Walk per dedicarsi alle cure del fratello Tom, malato di tisi.
In occasione di una serata mondana conobbe Fanny Brawne, che abitava con la madre e i due fratelli nella casa di Wentworth di proprietà di Charles Brown, amico e benefattore del giovane poeta.
Nessun colpo di fulmine fra i due. Keats era troppo preoccupato per le condizioni di suo fratello e Fanny, probabilmente, troppo vivace per non infastidirlo.
Quando Tom morì nel dicembre dello stesso anno, Keats si trasferì nell’ala della casa di proprietà del suo amico Brown, diventando così vicino della famiglia Brawne.
Ogni giorno vedeva Fanny dalle finestre del suo appartamento, parlavano, si scambiavano visite e biglietti e si innamorarono.
Chiedi a te stessa, amore mio, se non sei crudele per avermi irretito così, per aver distrutto così la mia libertà”. Continua a leggere

BELLI E DANNATI di Francis Scott Fitzgerald

Belli e dannati copertinaQuando affrontiamo un nuovo autore, tendiamo quasi sempre ad iniziare con quei libri che vengono considerati i suoi capolavori.
Ma, riflettendoci, per alcuni scrittori sarebbe meglio accostarsi a loro attraverso i loro testi meno conosciuti.
Belli e dannati viene considerato il “tentativo”, la cosiddetta prova generale di Fitzgerald in attesa de Il grande Gatsby ma, nonostante tutto, avrei preferito accostarmi a lui tramite questo romanzo.
Non è facile spiegare il perché. Questo libro ha la tendenza a rimanermi in mente tramite immagini in dissolvenza.
Difficile immortalarle singolarmente a parole.
Un momento brillano di quella luce dorata che Fitzgerald sa donare alle parole, e un momento dopo, te le vedi sfumare davanti confondendosi in una lunga coda di cometa. Sempre luminosa e dorata, come la sua natura vuole, ma dai margini incerti e confusi. Continua a leggere