FERROVIE DEL MESSICO di Gian Marco Griffi

Ci sono libri che anziché limitarsi a raccontare storie dipanano il meccanismo (stocastico) che genera le vite, queste narrazioni hanno come essenza la non-finitudine: in una delle novelle de Le mille e una notte, Shahrazad racconta Le mille e una notte; nell’Amleto, una compagnia di guitti recita l’Amleto; nella seconda parte del Don Chisciotte, s’ipotizza che i personaggi abbiano letto la prima; tutte queste strutture creano racconti che contengono sé stessi e tendono a infinito: questa è l’architettura di Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi.
La vicenda è compresa fra il gennaio e il febbraio del ’44, quando tutti -ma proprio tutti, salvo Hitler- sanno che le potenze del Patto d’Acciaio hanno perso la guerra. I reietti cercano di sopravvivere agli ultimi singulti di una violenza insensata, l’élite s’inebria del tramonto wagneriano, madido di caos, d’irrazionalità, sentore dell’apocalisse.

In questa aurea di cupa decadenza, il soldato della Repubblica Sociale Cesco Magetti –come in molti personaggi di Dickens, preda di uno stigma che lo distingue: un perenne mal di denti che cerca di lenire con vino, idrolitina e infinite sigarette- ultimo anello di una catena di comando che arriva fino ai vertici del regime fascista e a quello nazista, è incaricato di disegnare la mappa delle ferrovie del Messico: “i signori della guerra” si sono convinti, nell’insensatezza del reale, che esista una città, Santa Brígida de la Ciénaga -città mitologica, non segnata in alcuna carta- in cui è nascosta l’arma della vittoria finale. Continua a leggere

LA TERRA INESPLORATA DELLE DONNE a cura di Sara Durantini

Nel buio di una notte che sembra non finire, si accendono tredici lumi. A loro, se ne aggiungono poi centinaia. Migliaia. Milioni. Questo è il potere dei racconti: avvicinare. Così i lumi, con le loro fiamme rassicuranti, si raggiungono. Ogni luce è pronta ad illuminare le storie taciute. Ogni voce si unisce al coro per cantare la propria canzone e ogni penna è pronta a trascriverla perché non sia più dimenticata.

Ho capito, altresì, che la voce si è fatta scrittura, luogo di passaggio dove donne di diversa età, provenienza, formazione e cultura si incontrano per tessere la loro personale trama e unirla a quella delle altre compagne.

Comunità significa ascolto e condivisione. È così che sentiamo il disagio di essere una figlia e la responsabilità che si nutre nel soddisfare le aspettative della famiglia, le stesse del mondo che è lì, immobile, ad aspettarla. Imposizioni, sempre le stesse, alle quali sottostare. Continua a leggere

LA RICREAZIONE È FINITA di Dario Ferrari

Marcello Gori, trentenne viareggino laureato in Lettere, si lascia pigramente vivere e non sogna il successo. Sostanzialmente disoccupato, si rifiuta di lavorare nel bar di suo padre e trascina un’esistenza fatta di soddisfazioni mediocri e orizzonti angusti.

Io a trentun anni non sono molto diverso da quello che ero a ventidue, che a sua volta non era granché diverso da quello che ero a sedici. Se considero i traguardi che ho raggiunto, semplicemente, non ne vedo: checché ne pensi mia madre, una laurea in Lettere nel ventunesimo secolo non può essere considerata un traguardo. A oggi ancora non sono stato in grado nemmeno di prendere un cane, per dire. O di finire Morte a credito.

I suoi amici gli assomigliano; la sua fidanzata no. Letizia, laureata in Medicina, energica e volitiva, è determinata a raggiungere obiettivi che considera vitali. La loro relazione tranquilla e grigia non sfolgora di passione, ma se la fanno bastare.

Nella routine di Marcello tutto cambia quando, per una serie di circostanze che s’incastrano una nell’altra trascinandolo in un’avventura alla quale non riesce a sottrarsi, conquista una borsa di dottorato in Italianistica.

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LE BUGIE NON SALVANO NESSUNO di Monica Coppola

Quel momento era stato il culmine di una giornata perfetta, un cerchio tracciato con il compasso, un insieme che ci comprendeva tutti e quattro, io, mio fratello, mio padre e mia madre, protetti dall’abbraccio di una circonferenza.

Annina, piccola abitante della periferia torinese,come tutte le sorelle minori del mondo, ha un obiettivo: rendere il proprio fratello orgoglioso di lei. Ogni volta che Enzo si inventa un gioco, non importa il grado di pericolo corso o l’esperienza richiesta, Anna è pronta a seguirlo.

Non desidera altro che una famiglia come quella di Francesco, al piano di sopra: rumorosa, vitale e che la domenica prepara le polpette al sugo. Si, persino la madre è compresa nelle sue immaginazioni di famiglia che prepara il sugo. Eppure lei non è disposta a stare al gioco. Continua a leggere

GUAIO DI NOTTE di Patrizia Rinaldi

«Sa perché dalle mie parti un guaio molto brutto si dice “guaio di notte”, ’nu guaio ’e notte? Perché di notte anche un imprevisto di media importanza si complica.»

Si ride e ci si commuove, leggendo le vicende tragicomiche delle due protagoniste dell’opera più recente di Patrizia Rinaldi,Guaio di notte, romanzo pubblicato da Rizzoli. E ci si appassiona alle vicende di un duo che per i guai sembra avere una calamita. Guai gravi, perché un guaio di notte, a Napoli, è un guaio grave, un guaio brutto: di notte ogni cosa appare nella luce peggiore.

La Signora e Andrea sono in fuga dalle rispettive vite passate. La prima è attempata ma bella, affetta da fisime e da vere fobie, ma detesta che le si chiami fobie. Sdrammatizza le difficoltà e le affronta con le armi migliori reperibili sul mercato: fascino, intelligenza, spregiudicatezza, duttilità e ironia. Continua a leggere

IL CANTO DI CALLIOPE di Natalie Haynes

«Cantami, o Musa» dice, e dall’urgenza nella voce si capisce che non è una richiesta. Se fossi incline a soddisfare il suo desiderio, potrei dire che affila il tono sul mio nome come fa un guerriero quando passa il pugnale su una pietra abrasiva, preparandosi alla battaglia dell’indomani. Ma oggi non sono dell’umore per fare la musa. Forse lui non ha pensato a cosa significa trovarsi nei miei panni. Certo che non ci ha pensato: come tutti i poeti, pensa solo a se stesso. È incredibile che non abbia considerato quanti altri uomini ci sono come lui, ogni giorno, tutti lì a pretendere la mia attenzione incondizionata e il mio aiuto. Di quanta poesia epica c’è davvero bisogno al mondo?

Chiunque conosce la storia della guerra di Troia, chiunque conosce e sospira il nome del grande e possente Achille, dell’astuto Odisseo e del saggio Ettore, e tutti conoscono la fine della storia, nonché la fine eroica di questi eroi, baluardi e rappresentazioni del coraggio stesso. Continua a leggere

L’ANNO DEL PENSIERO MAGICO di Joan Didion

Il cambiamento si insinua, senza far rumore, nel claustrofobico spazio tra il prima ed il dopo. Tra i due, tuttavia, è solo il secondo a catturare la nostra attenzione. Joan Didion ne è la prova.

La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita. Il problema dell’autocommiserazione.

Una sera, al ritorno dalla visita in ospedale alla figlia Quintana, Joan è pronta a sedersi a tavola con il marito John, consumare una cena riscaldata e poi, chissà, magari scrivere. Magari leggere. Magari parlare del fatto che la loro figlia sia stesa in un letto d’ospedale. Non dovrebbe essere il contrario?

Tuttavia, John ha finito il tempo. Scade poco prima della cena, nel bel mezzo del salotto. Arresto cardiaco. Era significante il prima? Come hanno sempre tenuto a ripeterci, ogni istante della vita dovrebbe essere importante. Eppure nel dolore, conta solo il dopo. Il prima è un’aggravante. Continua a leggere

LA TRAVERSATA NOTTURNA di Andrea Canobbio

Torino, storia di due giovani che valicano il dopoguerra, incontrandosi, innamorandosi, sposandosi, partorendo figli. Lui -ufficiale del Genio e futuro ingegnere- è appena tornato dalla disfatta militare in Russia; lei, ammantata di nubi, respira musica e poesia. Improbabile, eppure si sposano nel 1946. Coppia preda dell’insostenibile euforia del boom economico e poi del peso invincibile che sulle spalle calano gli anni della maturità: Andrea, uno dei figli, si prenderà la briga di raccontarci in questo libro il tessuto della sua vicenda famigliare.

Prima c’era una casa, poi c’era una fossa. Non è normale che un simile prodigio sorprenda un bambino? E tutto questo l’ha fatto tuo padre. Così forte da distruggere una casa e scavare un buco largo e profondo come la casa stessa. E infatti dopo un po’ dal buco è uscita fuori una casa nuova, come se la terra l’avesse partorita e mio padre fosse una levatrice o un rabdomante o un cane da tartufo…

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NON ANCORA di Cristina Pacinotti

Good girls go to heaven. Bad girls go everywhere. Maria Fermi lo sa bene. Lei è una ragazzaccia, ma d’altronde, siamo negli anni ’80. Ogni ragazza ha lo spregiudicato diritto di essere ribelle.

Il disastro nucleare di Chernobyl è il presente, così come lo sono l’AIDS e l’ecstasy. Il mondo sembra andare a rotoli, eppure nel parallelo e distintissimo universo di Maria, tutto è in stallo. Tutto è successo e, allo stesso tempo, non è accaduto assolutamente nulla. A Parigi, dove studia per laurearsi in semiotica, Maria osserva la vita di città, frequenta lezioni di danza, respira e gusta l’aria pesante della metropolitana, arricchita dalle radiazioni. Ogni sera indossa la maglietta con la scritta che più si addice al suo stato d’animo, sfoggiando una moltitudine di frasi significanti che anche lei ha qualcosa da dire di sé. Esce, sola o in compagnia dell’amico Umberto, gay, saggio e senza nessun pelo sulla lingua. Beve, si cala la giusta quantità di pasticche e fuma sempre una sigaretta in più del dovuto, anche se sta cercando di smettere.

Al giorno d’oggi andare in giro è un suicidio. Ma stare a casa, che cos’è stare a casa? Una dissoluzione a fuoco lento.
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SUI PASSI DI LEI di Emma Di Rao

Una storia di misteri, silenzi, fughe e ritorni in questo romanzo di Emma Di Rao.

La protagonista, Lea Calì, lavora come editor in una casa editrice torinese. Ha abbandonato la natia Sicilia per mettere fra sé e il passato una distanza che è misurabile non solo in chilometri, ma anche in differenze profonde fra i due contesti. Eppure, il passato non passa mai davvero, non si lascia cancellare del tutto dalla memoria, si riesce a lasciarlo ai margini della consapevolezza ma infine si ripresenta, in modi vari e imprevedibili, a far sentire la sua voce e il suo peso.

Quando Lea torna in Sicilia, per la morte della madre, il nuovo lutto si aggiunge al ricordo di un’assenza già sperimentata anche mentre la donna, distaccata e fredda, era viva. Nodi incomprensibili riemergono, vecchie ferite che distanza e tempo non hanno guarito si riaprono. Domande che non hanno mai avuto risposta premono di nuovo sull’anima di una donna che ha attraversato abbandoni e smarrimenti, trovando conforto nelle parole scritte, nelle storie di invenzione letteraria.

Perché la morte aveva reso definitiva l’assenza, inghiottendo tutte le risposte alle mille domande che non aveva mai osato rivolgere alla madre.

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NON SI FRUGA NELLA POLVERE di William Faulkner

Sud degli Stati Uniti, mitica contea di Yoknapatawpha, un po’ Macondo di Marquez, dove Faulkner ha ambientato molti dei suoi racconti: un negro “libero”, Lucas Beauchamp, si comporta da bianco” e uccide il rampollo (ovvio, bianco!) di una delle famiglie più in vista e potenti della contea. In un dialogo di infiniti silenzi e flussi di coscienza, insomma à la Faulkner, Lucas interloquisce con il protagonista del libro, il sedicenne Charles. I due si sono incontrati per la prima volta durante una battuta di caccia, quando il giovane era finito in un torrente andando poi ad asciugarsi a casa di Lucas. Nel suo immaginario d’adolescente, Lucas gli parve un nero, anzi negro – come dicono i personaggi di Faulkner – atipico, che si comportava – follia! – da bianco.

Prima dobbiamo fare di lui un negro. Deve ammettere che è un negro. Poi forse lo accetteremo come sembra voler essere accettato.

Lucas convince Charles che il morto non è stato ucciso dalla sua pistola, pertanto gli chiede di disseppellirne il cadavere per provare la sua innocenza. Charles – ricco della sua ingenuità da giovane scevro di pregiudizi – gli crede e insieme al suo amico nero Aleck Sander e all’eccentrica settantenne signorina Habersham, fruga nel fango e riesuma la verità. Continua a leggere

LE NOTTI DI SALEM di Stephen King

Salem’s Lot, negli anni ’70, è abitata da pochissime anime. La ragione principale della sua desolazione è la moltitudine di storie che vengono sussurrate sul suo conto. Racconti da incubo che tengono svegli i bambini la notte e che, inconsciamente, si insinuano come un tarlo nelle fervide convinzioni degli adulti, facendole pian piano vacillare. La protagonista di questi tenebrosi racconti è Casa Marsten che, silenziosa, osserva Salem’s Lot dalla cima della collina sulla quale sorge. Gli abitanti non si possono sottrarre al suo sguardo.

In autunno, così cade la notte a Salem’s Lot: il sole dapprima perde la sua debole presa sull’aria, raffreddandola e ricordando a tutti che l’inverno si avvicina, e sarà lungo. Si formano nuvole sottili e le ombre si allungano. Non hanno la profondità delle ombre dell’estate, perché non ci sono foglie sugli alberi o grosse nuvole in cielo a renderle spesse: sono ombre smilze, meschine, che mordono la terra come denti.

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LA ROVINA DI KASCH di Roberto Calasso

TALLEYRAND: Parlo sulla soglia di questo libro perché sono stato l’ultimo che ha conosciuto le cerimonie. Parlo anche, come sempre, per ingannare. Non a me è dedicato questo libro, né ad alcun altro. Questo libro è dedicato al dedicare.

«È un uomo difficile da seguire nei meandri della sua vita politica, M. de Talleyrand» disse la duchessa d’Abrantès aprendo le porte del Salon de M. de Talleyrand. All’entrata, gli stucchi fragranti dell’Ancien Régime. All’uscita, il tinello borghese. Al centro, le belve ipnotiche dell’Impero ci fissano dai braccioli. E, in stanze laterali, salutiamo la ghigliottina e le foreste americane. Verso il fondo, un Congresso inciampa negli strascichi delle sue danze.

Difficile trovare un inizio e ancora più difficile trovare una fine a questo labirintico libro-saggio di Roberto Calasso. Dunque da dove partire? Iniziamo dal contesto storico (il primo che incontriamo nel labirinto): l’anciene régime. Iniziamo da uno dei personaggi di questo periodo, da quello più nascosto, quello che la storia ha seppellito e che la scuola non ci ha mai regalato: Talleyrand. Continua a leggere

I MIEI STUPIDI INTENTI di Bernardo Zannoni

Mio padre morì perché era un ladro. Rubò per tre volte nei campi di Zò, e alla quarta l’uomo lo prese. Gli sparò nella pancia, gli strappò la gallina di bocca e poi lo legò a un palo del recinto come avvertimento. Lasciava la sua compagna con sei cuccioli sulla testa, in pieno inverno, con la neve.

Sopravvivere è dura se si è nati in una tana umida in mezzo al bosco. Archy è una faina. Suo padre, dopo aver fatto il suo dovere fisiologico, ha abbandonato la madre a svezzare lui ed i suoi fratelli, non sempre con successo. Tuttavia, il mondo che gli viene promesso è questo: solo i forti sopravvivono. Archy, tuttavia, è un caso a sé: reso zoppo da un incidente di caccia, non è abbastanza vigoroso da sopravvivere senza difficoltà, né abbastanza debole da lasciarsi morire. La madre perciò lo vende alla volpe Solomon, usuraio che, in cambio del figlio, le darà cibo a sufficienza per sfamare il resto della famiglia. Così la faina e la volpe iniziano la loro travagliata convivenza. È con lui che Archy scoprirà di avere degli istinti apparentemente dissimili da quelli che riconosce in chi appartiene al suo mondo, circoscritto nella vastità di una collina. Continua a leggere

PATRIA di Fernando Aramburu

Secondo Marx, le circostanze fanno gli uomini non meno di quanto gli uomini facciano le circostanze. In Patria di Fernando Aramburu le circostanze creano un mondo dove i valori sono intercambiabili, i giudizi impossibili. I protagonisti sono contrabbandieri di sentimenti, outsiders.

Riguardo gli outsiders, la letteratura d’occidente è un fiume carsico, che scorre tra chi è guidato da una visione del mondo (Achille, Stavrogin, Ulrich, Castorp) e tra chi invece è prono di un habitat incomprensibile che lo sovrasta (Edipo, Samsa, Josef K, Pasenow). I primi sono spesso folli, i secondi di frequente schiavi. Secondo la scelta di narrare il mondo da un lato o dall’altro, cambia la diagnosi e la cura. Aramburu opta per la seconda possibilità, costruendo un romanzo solo apparentemente storico, solo apparentemente sulla questione basca, solo apparentemente sull’omicidio come atto morale nei confronti del “tiranno”: in realtà edificato sull’impossibile approdo umano alla conoscenza del giusto, che è forse la caratteristica del nuovo nichilismo.

La trama è costituita dalle labirintiche relazioni umane interne ai componenti di due famiglie colte dall’occhio dell’autore qualche anno prima della splendente decadenza del territorio basco, causa e conseguenza della deflagrazione dell’irredentismo. Continua a leggere