IL DEMONE A BESLAN di Andrea Tarabbia

Voglio dire che non so perché scrivo. Nel caso in cui qualcuno leggesse questa cronaca, so perfettamente che potrà usarla contro di me non appena se ne presenterà l’occasione. Ma a questo punto non ho niente da perdere – io non ho mai avuto niente da perdere-, e dunque scrivo […] Scrivo piccolissimo per farci stare il maggior numero di cose possibile.

Vincitore della 57esima edizione del premio Campiello con Madrigale senza suono, Andrea Tarabbia non ha bisogno di presentazioni. Tuttavia, ho scelto di leggere il meno famoso Il demone a Beslan, (Bollati Boringhieri), perché incuriosita dalla “seconda vita” che l’autore ha voluto regalare a questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 2011, ma anche e soprattutto perché rappresenta il suo “romanzo-matrice”, il punto da dove ha sviluppato un’idea personale di letteratura (https://andreatarabbia.wordpress.com). Continua a leggere

TEMPO DI UCCIDERE di Ennio Flaiano

Ero meravigliato d’essere vivo, ma stanco di aspettare soccorsi

Fin dalla prima riga Flaiano, abile realista, ci introduce nel mondo della coscienza, quel mondo allegorico, confuso, enigmatico che solo la malinconica Africa avrebbe potuto accogliere e raccogliere. L’Africa esoterica, lontana, amante di notte e nemica di giorno, colonizzata dai fascisti, cancellata nel suo significato dalla mano dell’uomo che ne confonde i contorni, ospite alieno di una natura che non ha niente a che spartire con lui. Ma per Flaiano l’Africa è tutto tranne uno spazio geografico o il luogo dei vincitori: l’Africa è allegoria, posto in cui la coscienza può compiere il suo viaggio spennellato di dubbi, errori, sentieri e scorciatoie mortali; e così la mente del protagonista si arrampica tra congetture, illusioni e pensieri. Il caldo che soffoca e accende le voglie, la città di A così pittoresca da sembrare un’allucinazione e un protagonista lontano, chiuso nell’enigma della natura, inghiottito da tutto ciò che lo circonda e come chi, cade nelle sabbie mobili e dimenandosi per uscirne ne rimane sempre più invischiato, così lui, che si dimena e si tormenta per fuggire, per correre e salvarsi da sé stesso. E poi l’apparizione della donna, di Miriam, gazzella africana dal turbante bianco, di lei poche cose: una pozzanghera che la lava, la nudità selvaggia del suo corpo e il rimorso che s’incarna nel dubbio. Dopo Miriam è tutto un equivoco che lo porterà fino al silenzioso, e per questo inquietante, Johannes curatore di sensi di colpa e padre di Miriam. Continua a leggere

SAINT-JUST. LA VERTIGINE DELLA RIVOLUZIONE di Stenio Solinas

L’orecchino. Nei due Saint-Just esposti al Musée Carnevalet, orna rispettivamente il lobo sinistro e quello destro, un dandismo più da pirata che da rivoluzionario, ma più da rivoluzionario che da aristocratico.

Riyoko Ikeda è una delle più conosciute autrici di manga giapponesi e nel suo Versailles No Bara (Le rose di Versailles – ed. J-Pop 2020), pubblicato tra il 1972 e il 1973, si incontra il personaggio di Saint-Just. Nel fumetto è un giovane efebico con occhi neri e luminosi, di forma allungata, ciglia ricurve e capelli corvini, indossa camicie ampie, aperte sul petto, e la famosa cravatta. In Saint-Just, la vertigine della rivoluzione, ed. Neri Pozza – collana Il Cammello Battriano, Stenio Solinas ce lo presenta, dopo un accurato studio della ritrattistica e della storiografia, come un giovane con  un bel volto dai tratti tipicamente maschili, per niente effeminato, per nulla incerto” e con “una taglia media, un corpo sano” esaltati da un’eleganza ricercata: sono unici la lunga cravatta che gli copre il collo e l’orecchino, caratteristiche che lo rendono riconoscibile ai contemporanei e ai posteri. Tuttavia, il mito di Saint-Just nasce soprattutto dal confronto con le altre figure rappresentative della rivoluzione francese dalle quali si discosta non solo fisicamente ma anche per un’eloquenza efficace e tagliente e per una condotta sobria. Continua a leggere

Intorno al Manga: QUARTE DI NOBITÀ e I BORBORIGMI DI UN’ANIMA. LETTERE A LUCIANO ANCESCHI

Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose, un massacro commercialmente attendibile, infine un mezzo per cui il così detto autore può dar sfogo alla parte più cruda della sua ambivalenza verso quei libri, di cui egli sa meno di chiunque altro.
La presente scelta è tale solo nel senso che a questa parola danno il norcino e il trippaiolo; ma vi è in più una sfumatura cannibalesca che non dovrebbe andar perduta, una grazia rancorosa, un furore quale si può avere solo per «le proprie viscere», e di cui i fratellini Atreo e Tieste non erano inconsapevoli, ed al cui convito l’estensore della presente nota attende d’essere cortesemente invitato.

Quarte di nobiltà è un libro che probabilmente non piacerà a tutti, forse piacerà a pochi, ma a quei pochi piacerà molto. I motivi prinicpali sono due: strutturalmente ha la peculiarità di essere una raccolta di quarte di copertina; il secondo motivo è che l’autore di questo strano libro composto di quarte è il Manga, ovvero: Giorgio Manganelli, scrittore forse non conosciutissimo dal grande pubblico ma con un suo seguito di appassionati, traduttore e critico letterario, un uomo di lettere a tutto tondo con un’idea forte su cosa significhi fare letteratura. Continua a leggere

JANE SEYMOUR, LA REGINA PIÙ AMATA di Alison Weir

Jane si tolse la ghirlanda di fiori che indossava, perché i fiori stavano appassendo, e si lisciò le lunghe trecce. Erano color paglia chiaro, e luccicavano come fili di seta sulle spalle.

[…] Erano il suo unico motivo di vanto. Per il resto, aveva gli zigomi poco pronunciati, il naso troppo grosso, il mento troppo appuntito, la bocca troppo piccola, la pelle troppo bianca.

Plain Jane: Jane la scialba, l’ordinaria. Questa sembra essere la definizione riservatale da messire Chapuys, ambasciatore dell’imperatore Carlo V presso la corte inglese. E non più generosi sono il ritratto di Hans Holbein il Giovane o la descrizione di Alison Weir, autrice del romanzo che ne dipinge la vita Jane Seymour, la regina più amata – Le sei regine Tudor (ed. Beat, trad. dall’inglese di Maddalena Togliani). Eppure, Jane è stata davvero la moglie più amata da Enrico VIII, la “rosa inglese” accanto alla quale ha scelto di riposare in eterno a Windsor. Continua a leggere

DOPPIO SOGNO di Arthur Schnitzler

Doppio sogno di Arthur Schnitzler, è un dipinto che non scolorisce mai.

Doppio sogno, è un dipinto che non scolorisce mai. Le sue tinte fosche, notturne, si animano di soprassalto dei colori di un ballo in maschera tanto eccitante quanto pericoloso. Ma tutti lo sappiamo e nessuno può negarlo: spesso le cose più eccitanti sono proprio quelle più  pericolose. Potremmo rimanere sorpresi quando a cadere nella trappola della tentazione non è il classico dandy, (figura cardine della letteratura decadentista), ma uno stimato dottore dedito alla professione e alla famiglia. Avreste mai detto che proprio lui potesse cadere come un’idolo davanti al credente?! Forse sì.

Il fatto è che la fantasia è un’arma pericolosa della nostra mente, a volte ci libera e a volte ci imprigiona nella bellezza di un sogno o di un doppio sogno, e avvolti nella tela del ragno, con difficoltà si riesce a distinguere cosa è vero da cosa non lo è.  Eppure quest’opera, con maestria e diligenza, intreccia due fantasie, una causa e una effetto: quella della moglie che confessa al marito di aver immaginato di tradirlo con un altro uomo, e quella del marito che sentitosi ferito da questa confessione, sconvolto,  si butta in strada nel cuore della notte cercando vendetta, con addosso il bruciore di una fantasia proibita e nel cuore la voglia di realizzarla. Continua a leggere

IL GIARDINO SEGRETO di Frances Hodgson Burnett

“Quando hai un giardino, hai un futuro e se hai un futuro, sei vivo”, scriveva Frances Hodgson Burnett, autrice di uno dei più iconici romanzi in lingua inglese: Il giardino segreto.

L’immagine di un giardino appartato come posto sicuro, rifugio per il corpo e per la mente è molto contemporanea e mi ha motivata a rileggere il libro nella nuova traduzione di Giancarlo Carlotti per l’Universale Economica Feltrinelli/Classici.

Ho scelto l’edizione completata dal racconto inedito Il mio pettirosso che ha come protagonista proprio quell’uccellino simbolo stesso del luogo in cui vive. Burnett ricorda, tra le tante ricevute, la lettera di una lettrice che le chiede se avesse posseduto davvero il famoso pettirosso, vista la descrizione così plausibile presente nel romanzo. La scrittrice risponde raccontandole la breve storia dell’intima amicizia con Tweetie, alato abitante di un roseto nel Kent. Le rose, l’albero sotto il quale sedeva a scrivere, il giardino in parte recintato da mura in mattoni rossi e la villa stessa in cui viveva oltre, naturalmente, all’uccellino saranno di ispirazione per Il giardino segreto. Continua a leggere

ICKABOG di J.K. Rowling

C’era una volta…

Ho cominciato a leggere i primi capitoli dell’Ickabog di J.K. Rowling la scorsa primavera, quando è stato pubblicato online durante il confinamento dovuto alla pandemia per poi continuare con il libro in edizione cartacea (Salani Editore, traduzione di Valentina Daniele), sicura che avrei ritrovato lo stesso senso di magia che mi aveva accompagnata tra le pagine di Harry Potter, la saga che l’ha resa celebre. Tuttavia, le mie aspettative fantasy sono state disattese dall’incontro con ambientazioni e personaggi realistici che mi hanno ricordato le storie che preferivo da bambina come, per esempio, “La piccola principessa” o “Senza famiglia”.

Nonostante l’iniziale delusione, la scorrevolezza della lettura ha reso facile entrare nei mondi dentro il mondo di Cornucopia e immaginare la terre ricche di Chouxville, Montecaglio, Jeroboam ma anche quella stranamente povera e oscura di “Le Paludi” con i suoi funghi poco saporiti, le pecore deperite per l’erba rinsecchita e gli abitanti semplici e miseri. Ma proprio da questa modesta estremità settentrionale del regno, arriva la leggenda che tutti conoscono, quella dell’Ickabog, l’”uomo nero” usato per spaventare bambini e adulti. Una volta dato il nome a una cosa, questa diventa viva e reale e prende forma nella fantasia di ciascuno. Continua a leggere

ANTONIA POZZI (13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938)

Flora alpina

ad A.M.C.

Ti vorrei dare questa stella alpina.
Guardala: è grande e morbida. Sul foglio,
pare un’esangue mano abbandonata.
Sbucata dalle crepe di una roccia,
o sui ghiaioni, o al ciglio di una gola,
là si sbiancava alla più pura luce.
Prendila: è monda e intatta. Questo dono
non può farti del male, perché il cuore
oggi ha il colore delle genzianelle.

Pasturo, 18 luglio 1929 Continua a leggere

MISS AUSTEN di Gill Hornby

Cassandra era l’esecutrice letteraria della sorella; la custode della sua fiamma; la protettrice del suo lascito.

Sembra che Jane Austen abbia scritto migliaia di lettere ma sono poco meno di duecento quelle che possiamo leggere. Sembra sia stata Cassandra, l’amata sorella, a distruggere la parte più ingombrante dell’epistolario. Con Miss Austen (Ed. Beat, traduzione di Alessandro Zabini), Gill Hornby vuole mettere la penna nelle mani di Cassy per consentirle di raccontare la storia di Jane come avrebbe dovuto essere ma anche per renderla infine protagonista dopo la morte dell’attrice principale.

Cassandra, come una moderna consulente d’immagine, insegue il proprio obiettivo di idealizzare la reputazione di Jane fino a Kintbury, il luogo che avrebbe dovuto accoglierla da sposata, in quel breve sogno di vita ordinaria che non si è realizzato. E qui, la “semplice, buona, onesta” canonica, prima ancora delle lettere, illumina i ricordi e permette a noi di vedere meglio nella sua vita. Continua a leggere

VIRGINIA di Emanuelle Favier

Virginia, dunque, è seduta in una poltrona dall’alto schienale al centro di una stanza piena di libri, di fotografie e di oggetti che stanno acquisendo a poco a poco lo statuto di reliquie per essere stati così covati dal suo sguardo, irrorati dal suo respiro. Pensosa, contempla la sua mano splendida; tiene una sigaretta, o forse un piccolo sigaro. Virginia non teme né il caldo né le ire dell’inverno – lei pensa.

Leggere le ultime righe di Virginia di Emmanuelle Favier (editore Guanda) è stato come guardare il sipario chiudersi a nascondere la scena e gli attori alla fine della rappresentazione. Non vorresti lasciarli andare, non vorresti lasciare andare Virginia verso l’icona Virginia Woolf e la sua nota fine. In questa parte della storia, Favier ci permette di essere gli osservatori dell’inizio del tutto e di limitarci solo a sottintendere il mostro agitarsi sotto la superficie delle acque. Gli anni di Ginia, Miss Jan sono descritti l’uno dopo l’altro come una sequenza di quadri teatrali, lasciando lo spettatore/lettore a volte in prima fila, a volte in piccionaia ma sempre legato alla protagonista anche quando i suoi pensieri si perdono nei primi deliri di quella malattia mentale che l’accompagnerà per tutta la vita. Continua a leggere

IL PROBLEMA SPINOZA di Irvin D. Yalom

«Come si chiama, giovanotto?»
«Bento Spinoza. In ebraico mi chiamano Baruch».
«E in latino il suo nome è Benedictus. Un nome bello, santo. Io sono Franciscus van den Enden. Dirigo un’accademia di studi classici. Spinoza, ha detto… uhm, dal latino spina e spinosus, che rispettivamente significano “spina” e “pieno di spine”».
«De Espinoza, in portoghese» dice Bento, annuendo. «“Da un luogo pieno di spine”».
«Il suo genere di domande può risultare spinoso per gli educatori ortodossi e dogmatici». Le labbra di van den Enden s’increspano in un sorriso malizioso. «Mi dica, giovanotto, lei è stato una spina nel fianco dei suoi insegnanti?» Anche Bento sorride.

Con affascinante maestria e profonda abilità, Irvin D. Yalom, dopo Le lacrime di Nietzsche e La cura Schopenhauer, inventa l’ennesimo romanzo a marchingegno, un’altra bomba pronta a esploderti nelle mani che non c’è modo di lasciar andare prima di averlo letto fino in fondo.

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ANCORA UN DOMANI. RACCONTI IN 3D di Guido Vianello

Per il suo terzo libro Vianello accantona (speriamo provvisoriamente) il commissario Silvestri (https://www.84charingcross.com/i-racconti-del-commissario-silvestri-indagini-nella-venezia-metropolitana-di-guido-vianello/) per proporci un’esplorazione nella realtà in 3D. Il calembour del sottotitolo Racconti in 3D ci fa presagire una narrazione che si sviluppi sulle tre coordinate spaziali, ma l’autore – attribuendo una ambivalenza semantica a quel 3D – allude a uno spazio interiore che si sviluppa lungo le coordinate esistenziali da lui denominate: Dinamiche, Dettagli, Diari. Ecco svelato il senso di quel sottotitolo così coerente con la tendenza dell’autore a giocare con le parole e con il loro significato.

Nell’ultimo racconto Quadro, dove si parla di una tela del Tintoretto (ancora una plurivalenza semantica: quadro/tela, quadro/cornice, quadro/insieme) nel dialogo tra lo zio e il nipote ci viene consegnata la chiave di lettura: “… è come se ci muovessimo in uno spazio triangolare, definito da dinamiche collettive, dettagli accidentali, diari sentimentali”. Ovvero le nostre esperienze si muovono dentro a questo schema a 3D, analogamente al nostro muoversi nello spazio.

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Annie Ernaux — SCRIVERE È DARE UNA FORMA AL DESIDERIO. Conversazione con Pierre Bras

“Tra le maggiori e più originali scrittrici francesi contemporanee, Ernaux è autrice di libri intensissimi, scritti in una prosa essenziale con il passo dei classici, che hanno conquistato un vasto pubblico di lettori…”

E così a leggere la quarta di copertina si capisce la ratio di questo librino: andare a pescare in quel vasto pubblico di lettori pronti a sùggere ogni sillaba di Ernaux. 

Cos’è questo libro? Una conversazione con Pierre Bras. Altro non ci è dato sapere.

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HEIMAT di Nora Krug

Come fai a sapere chi sei, se non sai da dove vieni?

Nel panorama dell’editoria contemporanea non è raro scovare graphic novels preziose, vere e proprie chicche di autori capaci di arricchire testi importanti con immagini evocative e poetiche. È il caso di “Heimat. Un album di famiglia” dell’illustratrice tedesca naturalizzata statunitense Nora Krug. L’autrice racconta il suo percorso di ricerca per ricostruire la storia della sua famiglia durante la seconda guerra mondiale. 

Cresciuta nella Germania del dopo muro, Nora Krug ha da sempre dovuto fare i conti con la propria identità di tedesca e con la colpa del suo popolo agli occhi dell’Europa e del mondo intero. È una colpa che si è incollata addosso ai tedeschi, che dal secondo dopoguerra cercano di espiare con il rigore morale e con l’affidabilità tecnica dei loro prodotti industriali. 

Essere FEHLERFREI (esenti da errori) era il nostro obiettivo universale. Le penne dei professori dividevano i nostri quaderni in giusto e sbagliato, e la chiarezza dei segni rossi era rassicurante quanto impetuosa.”

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