LA PIÙ ODIATA DAGLI ITALIANI di Davide Bacchilega

Vincenzo Sarti è un allenatore di calcio burbero e tutto d’un pezzo. Nel suo lavoro è un padre padrone che ascolta tutti ma che poi decide sempre da solo, perché è lui che comanda e sua è la responsabilità, anche quando gli si presenta l’occasione della vita, anche se questa occasione lo pone davanti a un bivio insidioso.
A Bologna Vincenzo Sarti è un idolo, è riuscito a portare la squadra nelle zone alte della classifica, a un passo dal titolo. Ma adesso che proprio la squadra più odiata dagli italiani (e da Sarti) lo vuole come allenatore, cosa farà? Sarà disposto a venire a patti con i suoi arci-nemici? E quale sarà il prezzo da pagare?
Davide Bacchilega costruisce un romanzo a tre voci che nel suo dispositivo narrativo deve molto al giallo.
Oltre a Vincenzo Sarti a prendere la parola sono Maicol Cammarata, giornalista sportivo che non riesce a far decollare la sua carriera e Alex Rambaldi, bomber in declino che dovrà confrontarsi con una realtà professionale che si va complicando e che lo porterà a scelte inattese. Continua a leggere

IO NON MI CHIAMO MIRIAM di Majgull Axlesson

Ha appena spento le candeline del suo ottantacinquesimo compleanno e ricevuto in dono un bracciale con inciso il suo nome quando, un’elegante signora svedese, pronuncia quelle parole che per molto tempo non ha mai osato dire: «Io non mi chiamo Miriam».

Miriam inclina il bracciale e vede l’incisione. […] “è un pezzo d’artigianato zingaro”, dice Thomas. “Rom, quindi”, precisa Camilla.

Miriam avverte un fremito dentro di sé e altri nomi vengono a galla nello spazio. Ecco Anuscha che ride, gli occhi scuri che scintillano mentre attraversa di corsa il cortile. Ecco il sorriso scavato di Else che si presenta con tanto di cognome, come se Miriam fosse qualcuno che merita una presentazione. Else Nielsen. Ecco una sorvegliante che solleva la frusta e urla. Mi chiamo Binz! Imparatelo una volta per tutte, perché non ho intenzione di ripetervelo! Ecco suo fratello che la fissa con un’ultima domanda nello sguardo. Perché hai quell’aria inorridita, Malika? Sono io, Didi, il tuo fratellino.

Tutto parte da qui. Miriam è Malika e Malika è stata una ragazzina rom nata e cresciuta in Germania.

Il romanzo, dopo questa verità, alterna una narrazione che riporta a galla un passato tormentato e doloroso, quello della piccola Miriam, con il presente, nel quale Miriam tenta di ripercorrere la sua storia raccontandola alla nipote Camilla. Continua a leggere

I PAESAGGI PERDUTI. ROMANZO DI FORMAZIONE DI UNA SCRITTRICE di Joyce Carol Oates

Joyce Carol Oates si è lasciata alle spalle i personaggi fittizi e ha scritto un memoir: un collage di momenti, di legami, di luoghi e di stati d’animo. Quegli stati d’animo che Pessoa descriveva come paesaggi.
I paesaggi perduti è un libro in cui si avvertono la fatica del ricordo e la malinconia del dimenticato. La volontà di preservare, insieme alla difficoltà di tenere tutto insieme.

Quel che rimane impresso è il caso o l’evento isolato, che ha colpito e non si è ripetuto, racchiuso nell’ambra, e di rado seguito dal ritorno a casa, dalla cena, dalle osservazioni scambiate, dall’indomani mattina; non la routine, bensì ciò che se ne distacca. Il che spiega perché l’impresa di scrivere un memoir sia così costellata di pericoli, e perché anche i momenti in cui lo sforzo viene ripagato abbiano una sfumatura di nostalgia: Abbiamo dimenticato quasi tutta la nostra vita. Tutti i nostri paesaggi si perdono ben presto nel tempo.

I ricordi non sono mai definiti, “si confondono come caratteri di stampa bagnati”, ma mantengono sempre una collocazione spaziale. Il cammino di formazione dell’autrice segue un graduale cambio di scenario: dall’America rurale, quasi onirica nella sua immobilità hopperiana, a quella urbana e caotica delle grandi metropoli. Continua a leggere

L’ANALFABETA di Agota Kristof

Aprendo L’analfabeta bastano poche righe e subito siamo in una dimensione altra, una dimensione fatta di sensi che si accavallano e contaminano, in un’infanzia fatta di odori, colori e sapori piccoli, domestici, intimi:

L’aula di mio padre sa di gesso, di inchiostro, di carta, di quiete, di silenzio, di neve, anche in estate. La grande cucina di mia madre sa di bestia macellata, di carne bollita, di latte, di marmellata, di pane, di biancheria umida, di pipì dell’ultimo nato, di fermento, di rumori, di calore estivo, anche in inverno.

Ma soprattutto è un libro sulle parole, un racconto autobiografico sulle parole della piccola Agota, che fin da bambina legge e legge, racconta storie da lei inventate al fratello più piccolo e ancora legge: “Leggo. È una malattia. Leggo tutto ciò che mi capita sottomano, sotto gli occhi”. Legge per il nonno che orgogliosamente la fa esibire davanti ai vicini “E io leggo. Correttamente, senza errori, alla velocità che vogliono loro”. Continua a leggere

GILGI, UNA DI NOI di Irmgard Keun

Gigli, una di noi di Irmgard Keun è uno di quei romanzi “ritrovati”, letteralmente risorto dalle sue ceneri. Bruciato dai nazisti nei roghi del 1933, in Italia ha conosciuto un periodo di diffusione che ne ha tuttavia deformato il messaggio, con un intervento di censura fortemente invasivo. Si è dovuto attendere il 2016 per avere una traduzione fedele e integrale, firmata Annalisa Pelizzola per L’orma editore.
La copertina rosa antico, raffigurante una donna slanciata ed elegante, nell’atto di camminare assorta nei suoi pensieri, prefigura la felice commistione tra forza e grazia che sprigiona da ogni pagina.
Gilgi (Gisela Kron all’anagrafe) è una ventenne solare e risoluta. Se ne va in giro per Colonia con un cappello e una macchina da scrivere. Di lavoro fa la stenotipista. Viene da una famiglia piccolo borghese e, sebbene viva con i suoi, gode di una certa indipendenza alla quale non rinuncerebbe per nulla al mondo. Strenuamente convinta che la meritocrazia possa estendersi a tutti gli ambiti della vita, si dà da fare per mantenere un’immagine di sé basata su una rigida, quanto entusiastica, disciplina del corpo e della mente. Eppure Continua a leggere

NEW YORK È UNA FINESTRA SENZA TENDE di Paolo Cognetti


Continuo a chiedermi come è possibile che io sia ancora qui. Chiuso il libro di Cognetti, mi sarei dovuta fiondare sul primo pc disponibile e prenotare il volo più economico e immediato a mia disposizione. Destinazione New York ovviamente. Già mi immagino la mia prima istantanea, il mio primo personalissimo mattone di questa città in perenne cambiamento. Capisco che questo piccolo libro possa essere scambiato per una guida turistica, magari atipica, ma comunque una guida, ma in realtà non lo è, almeno per me.

Non posso dimenticare il mio arrivo in città. L’estate dei venticinque anni, uno zaino pieno di libri come sedile, e la corriera che emerge dal buio del Lincoln Tunnel. Anch’io cercavo qualcosa laggiù – le strade degli scrittori che amavo, la loro ispirazione segreta – ma non ero pronto all’accoglienza che mi aspettava. Sbarcando dal New Jersey, Manhattan apre il sipario all’improvviso: poco prima stavo contemplando un paesaggio di fabbriche e svincoli autostradali, e subito dopo ero tra i grattacieli.

Cognetti non parla di monumenti, ma di atmosfere, di sensazioni. I suoi occhi bucano i palazzi di Brooklyn alla ricerca di quello che non c’è più e che anche quando c’era non era visibile, o forse non interessava a nessuno. Ci fa attraversare quartieri e vie che hanno custodito, a volte miracolosamente, gli scrittori che ha più amato. Ogni sua pagina è pervasa da un senso di nostalgia che ti attanaglia lo stomaco. Continua a leggere

LE LUNE DI GIOVE di Alice Munro

Ci sono almeno due tipi di letture: quelle voraci come il pasto di un affamato, quelle lente come una tisana da sorseggiare senza fretta. La raccolta di racconti Le lune di Giove appartiene al secondo tipo. L’opera del premio Nobel Alice Munro cattura lentamente, senza sconvolgimenti. Ci si intrattiene con lei in uno stato di benessere superficiale per avvertire, poi, un profondo effetto benefico che va ben oltre il piacere meramente estetico.
Dodici storie, introdotte da quella che potrebbe essere una saga: I Chaddeley e i Fleming. Due racconti sulla famiglia, un composto mai del tutto amalgamato dove è possibile operare un’ideale divisione “cellulare“ tra il microcosmo della madre e quello del padre, diversi e distanti come solo le individualità che formano una coppia sanno essere. Un possibile leitmotiv di questa raccolta, dove si incontrano perlopiù donne immuni dagli ingenui eccessi della passione. Continua a leggere

RICORDAMI COSÌ di Bret Anthony Johnston

Sono trascorsi quattro anni dal giorno in cui Justin Campbell, un ragazzino di undici anni, è uscito di casa per fare un giro con lo skateboard ed è scomparso nel nulla. La famiglia non si è mai data per vinta e ha continuato a cercare il ragazzo con ogni mezzo: tappezzando la zona di volantini, attivando un numero per le segnalazioni, aggrappandosi con le unghie alle illusioni indotte da pazzi mitomani.

La sfida più grande di questo romanzo è cominciare proprio laddove i libri sui rapimenti solitamente finiscono: “Oggi è un giorno felice per il Texas meridionale”, dichiarano all’unisono televisioni e radio. I cittadini di Southport sono incollati agli schermi e non riescono a credere che l’impossibile sia accaduto. Justin è stato ritrovato e pare stia bene. Non c’è alcun mistero da risolvere sulla sua scomparsa: fin da subito appare chiaro dove sia stato e cosa gli sia successo. Un incipit così anti-narrativo che per un momento ti chiedi se davvero la verità sia tutta lì, se non ci sia qualcos’altro che non sai. Eppure in quello che è stato definito dal New York Times uno dei migliori romanzi del 2015, anno di uscita, qualcosa spinge comunque a girare le pagine. Perché una domanda narrativa c’è. Ed è impellente: cosa succede quando di solito si chiude il sipario.

Leggere questo libro è stato è un po’ come sbirciare dal buco della serratura di una porta chiusa. Più precisamente, la porta di casa Campbell dopo il ritrovamento di Justin, nel momento in cui, svanito il clamore della notizia, c’è tutta una vita da ricostruire silenziosamente, pezzetto dopo pezzetto Continua a leggere

APPUNTI PER UN NAUFRAGIO di DAVIDE ENIA

Recentemente pubblicato dall’editore Sellerio, Appunti per un naufragio è l’ultimo libro di Davide Enia. L’ho divorato in due giorni, ma nel divorarlo il mio cuore diventava ogni pagina sempre più pesante. A volte dovevo fermare la lettura, sfogliare il libro, chiuderlo e poi riprenderlo. Dovevo darmi il tempo per elaborare tutto ciò che ogni singola pagina conteneva.

Appunti per un naufragio è un insieme di voci a cui l’autore ha dato ascolto in prima persona per raccontare la disumana tragedia degli sbarchi a Lampedusa. Dà voce a testimoni, volontari, personale medico, uomini della Guardia Costiera, a Paola e Melo che ospitano Enia ogni volta che torna sull’isola. Nell’intreccio con tutte queste voci che testimoniano il dolore collettivo, viene inserito qualcosa di intimo, personale, e forse più difficile da affrontare.

Appunti per un naufragio è, infatti, anche un lungo confronto con il padre, un medico cardiologo da poco in pensione. I dialoghi tra i due sono sempre avvolti da lunghi silenzi, i gesti sembrano essere titubanti ma nonostante ciò, il padre accetta di accompagnare il figlio in uno dei suoi viaggi a Lampedusa. È in questi momenti trascorsi assieme, l’autore scrivendo e il padre fotografando, che viene affrontato un altro importante filo della storia, la malattia dello zio Beppe, fratello del padre, definito dall’autore la stella più luminosa nella costellazione della sua esistenza perché «le stelle questo fanno: superano il tempo per indicare la rotta.» Continua a leggere

IL RACCONTO DELL’ANCELLA di Margaret Atwood

Il 26 settembre è approdata in Italia la serie statunitense The Handmaid’s Tale: trasposizione televisiva dell’omonimo romanzo di Margaret Atwood. Il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1985 ma, in Italia soprattutto, è rimasto pressoché nell’ombra fino all’annuncio della serie diretta da Bruce Miller e interpretata da Elisabeth Moss. Agli ideatori va sicuramente il merito di aver riportato in auge un romanzo distopico minacciosamente attuale.
Fine del Ventesimo secolo, Stati Uniti d’America: nell’ex Stato del Maine vige un regime totalitario di matrice teocratica, il regime galaadiano. Tutto ha cambiato nome: una rigorosa terminologia di derivazione biblica ha contaminato ogni cosa, dai negozi alle persone. La più grossa preoccupazione della Stato è quella di porre fine al “flagello” dell’infertilità, causata dalle radiazioni atomiche e da un “abuso” di varie forme di contraccezione e controllo delle nascite. Il peggior peccato-crimine è l’aborto: i medici che lo hanno praticato vengono condannati a morte, così come pure gli omosessuali e dissidenti. Da una tale situazione si è fatta strada una “rinnovata” concezione della donna: non persona, ma mero contenitore. A ogni Comandante (la più alta carica politica) la cui moglie è considerata sterile, viene assegnata un’ancella. Le Ancelle sono donne fertili, marchiate dal loro passato di ragazze madri, lesbiche, adultere, che devono provvedere a garantire una progenie alle coppie più “sfortunate”. L’assurdo triangolo comandante-moglie-ancella trova la sua legittimazione nel mito, narrato nella Genesi, di Giacobbe, Rachele e la serva Bilha. Poco importa se la sterilità riguarda l’uomo e non la donna, di questo non si fa mai apertamente ammissione. Alle ancelle vengono date solo tre possibilità per concepire, fallite le quali il loro destino diventa ancora più sinistro. Continua a leggere

I FANTASMI DELL’IMPERO di Marco Consentino, Domenico Dodaro, Luigi Panella

Raramente mi sono imbattuto in un romanzo giallo storico dal respiro così ampio e così accuratamente costruito, appena l’ho terminato mi è venuta in mente la definizione: “kolossal”.
L’ambientazione è l’Etiopia del 1937, occupata dagli italiani. Gli autori sono tre: Marco Consentino, esperto di relazioni istituzionali, Domenico Dodaro, business lawyer, e Luigi Panella, avvocato penalista. L’idea, come si legge nelle note finali, nasce da una serie di documenti rinvenuti negli archivi di Stato da Luigi Panella e in questo romanzo, si scopre alla fine, c’è molta realtà e qualche invenzione letteraria.

«Bene, parola alla difesa. Chiedigli cosa ha da dire, se no di’ qualcosa tu».
Lo zaptié tradusse rivolto verso il vecchio, il quale gli rispose tranquillamente, parlando a lungo.
Lo zaptié esitò.
«Dai, forza! Tra un po’ viene a piovere! Che dice?».
«Dice che fucile è suo. Ha preso fucile a soldato italiano a battaglia Abba Garima, quando ragazzo. Era con fratello grande, con esercito grande imperatore Menelik. Italiano ha ucciso con fucile suo fratello e lui ha ucciso italiano con pietra in faccia. Preso fucile. Dice che ora suo tempo venuto, vecchio non teme morte. Va da fratello ad Abba Garima».
«Va bene, va bene. Basta così, ho capito».
Avevano capito tutti. Prese il foglietto che conservava ripiegato nell’ultima pagina del registro delle sentenze e lesse: «Allora, il giudice dichiara l’imputato colpevole e lo condanna alla pena di morte per impiccagione. Diglielo. A voce alta».

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IL SALTO di Sarah Manguso

Il salto di Sarah Manguso, edito da NN Editore, è un profondo memoriale e una lunga riflessione dedicata all’amico Harris e, soprattutto, alla morte.

Sto lavorando a un libro su un uomo che si butta sotto un treno. Non ho nessun interesse a scrivere una storia vera sull’impalcatura artificiale di una trama, ma qual è la storia vera? Il mio amico è morto. Questa non è una storia.

In poche pagine cariche di parole, lacrime e dolore l’autrice tenta di ricostruire le ore vissute da Harris prima del Grande Salto, quando decide di buttarsi sotto un treno della metro il 23 luglio 2008. Solo dopo tre anni Sarah decide di iniziare a porsi delle domande e di non ascoltare più la paura di trovare delle risposte e nel farlo non crea una ricostruzione cronologica dei fatti, ma ci presenta un continuo e disordinato flusso di pensieri.

Mi ero tanto sforzata di dimenticare la morte di Harris che ormai i ricordi sono vaghi, erosi dal tempo, ricoperti dalla polvere di tutto quello che è accaduto poi. Ma ora voglio ricordarla, e impedire che mi tormenti.

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UNA STORIA NERA di Antonella Lattanzi

Potrebbe trattarsi di una storia attuale, una storia di cronaca nera, di quelle che assicurano un buon numero di puntate e di ascolti ai salotti televisivi. Una storia nera di Antonella Lattanzi è un romanzo che evoca immagini nitide, che trascina il lettore all’interno di scenari familiari, con una narrazione quasi cinematografica. L’atmosfera che si respira sin dall’inizio è asfissiante. Di pagina in pagina ci si attende la catastrofe. Catastrofe che non tarda ad arrivare: un omicidio. Ma sarà il solito omicidio?

È la sera del 6 agosto 2012, in una Roma infuocata e presa d’assalto dai gabbiani, dentro un appartamento di via Prenestina, una famiglia come tante festeggia il compleanno di una bambina. Ma la famiglia Semeraro non è una famiglia come tante (o forse si?): Carla ha preso la figlia minore Mara e se n’è andata, ha lasciato Vito, un uomo violento, come tanti; Rosa e Nicola, i figli maggiori, sono andati a vivere per conto proprio. Ma per una sera, una sera soltanto, sono di nuovo tutti insieme. Continua a leggere

L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI DI FREUD ASTAIRE di Angelo Zabaglio aka Andrea Coffami

Si contraddistingue per un misto di surreale e cinismo questa raccolta di racconti brevi e brevissimi che, pur con esiti altalenanti, riesce a raggiungere il suo obiettivo: essere disturbante e divertente.

Sono una trentina di racconti slegati tra loro ma che allo stesso tempo si tengono tutti.

Non serve nemmeno arrivare al titolo per imbattersi nei primi segni di un continuo gioco di infrazioni e diffrazioni che costellano tutta la raccolta. Il nome (doppio) dell’autore, il titolo e il sottotitolo, compongono quello che già può essere pienamente considerato testo più che paratesto. Angelo Zabaglio (e il suo alter ego Andrea Coffami), ci presentano istantanee di una realtà senza inibizioni, come sognata, dove i personaggi sembrano avvicendarsi senza sparire mai del tutto, in un gioco di continui mascheramenti. 

Il pop è una presenza debordante, che rimanda a un immaginario pieno zeppo di feticci anni ottanta, come se questi brevi pezzi di vita uscissero dai ricordi sognati e rimischiati di un quarantenne inceppato. Continua a leggere

IL SOCCOMBENTE di Thomas Bernhard

Il soccombente di Thomas Bernhard, Edizioni Adelphi, è la prima e sinora unica opera che ho letto dell’autore austriaco prematuramente scomparso nel 1989 a soli 58 anni, dopo aver convissuto sin dalla giovinezza con la tubercolosi.

Ho iniziato la lettura del romanzo subito dopo l’acquisto, ed ho finito la lettura delle 186 pagine che lo compongono già il giorno successivo, e sono impaziente di affrontare le altre opere di questo potente scrittore.

La storia ripercorre l’esistenza di due giovani pianisti, entrambi provenienti da ricche e opprimenti famiglie borghesi, che, nei primi anni ’50, recatisi a Salisburgo a un corso di perfezionamento tenuto dal maestro Horowitz, incontrano un altro giovane pianista, le cui capacità straordinarie sono sin da quei giorni già evidenti, Glenn Gould, colui che presto diventerà uno dei più grandi, se non il più grande pianista del ‘900.

 

Fatale per Werthemer è stato il fatto di essere passato davanti alla stanza trentatrè proprio nel momento in cui Glenn Gould suonava in quella stanza la cosiddetta Aria. Werthemer mi raccontò la sua esperienza e disse che mentre sentiva suonare Glenn era rimasto in piedi davanti alla porta della stanza trentatrè fino alla fine dell’Aria. Allora compresi con chiarezza che cos’è uno shock, pensai adesso

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