Dopo i momenti di serenità degli ultimi mesi, si abbatteva ora su di lui quella sensazione inconcepibile, afferrabile appena col pensiero e mai traducibile in parole che, minacciosa e oscura, sembrava preannunciare mali ancora peggiori?
Si erano sbagliati i medici o l’avevano ingannato di proposito affermando che sei mesi di vacanza gli avrebbero restituito completamente la salute?
I viaggi dentro se stessi sono sempre quelli più difficili, tormentati e pieni di pericoli che uno possa affrontare; simili a pellegrinaggi o a imprese eroiche, i viaggi all’interno della nostra mente e, ancora di più, del nostro animo non prevedono itinerario, rotta o sosta, ma mostri e una gran dose di nostalgia.
Impossibile tornare indietro, arduo andare avanti, certe insidie hanno la bella faccia e le belle facce sono specchi senza sorriso, riflessi perduti, ricordi come sogni e sogni come incubi. Scilla e Cariddi ci aspettano, ma come si fa a combattere e soprattutto a vincere quando i mostri peggiori siamo noi stessi?
Arthur Schnitzler scandaglia l’animo umano con passo che può ricordare da vicino quello della nascente psicoanalisi freudiana, dell’animo umano Schnitzler studia e approfondisce le profondità fino a scavarne i tesori nascosti, ma non è tutto oro quel che luccica.
Al successivo incontro con Otto, senza averne avuto prima l’intenzione e come seguendo un impulso repentino e irresistibile, Robert si fece promettere dal fratello che qualora avesse visto manifestarsi in lui, l’indomani o in un lontano futuro, i sintomi di una malattia mentale, lo avrebbe fatto passare subito dalla vita alla morte in modo sbrigativo e indolore, il che per un medico era sempre possibile. Otto dapprima si burlò del fratello considerandolo un incorreggibile ipocondriaco, ma Robert non si diede per vinto e disse che l’amore fraterno mai e poi mai avrebbe potuto rifiutare un simile servigio…
In quest’opera l’autore ci spinge nei labirinti famelici di una mente malata, fino a toglierci il respiro. Un romanzo che inizia lento per poi impennare in battiti ingestibili, come il protagonista, che sempre valica e disegna il confine tra la vittima e il carnefice o, meglio ancora, tra chi è la vittima e chi è il carnefice. Una frana, più che una discesa, verso l’inevitabile, una paranoia che urla e grida al suono di verità, una voce dentro che preme, afferma e dubita e non c’è modo di fermarla. Forse.
Quando i nostri peggior nemici siamo noi stessi non c’è modo di scappare, lo sa bene il protagonista che tormentato come Io dal tafano fugge e rifugge senza mai scappare veramente.
Un romanzo che è un thriller, che è una tragedia, che è un dipinto e un saggio (quasi) freudiano, un romanzo che non lascia scampo, che uccide al suono di verità.
Ma non accadeva anche che i medici si sbagliassero? Non possono forse impazzire loro e ritenere malato un uomo sano di mente? E in quel caso non sono l’uno in balìa dell’altro – il malato del sano e il sano del malato, senza speranza di salvezza?
FUGA NELLE TENEBRE
Arthur Schnitzler
Trad. Giuseppe Farese
Adelphi (Piccola Biblioteca Adelphi)
pp. 146
euro 12