Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose, un massacro commercialmente attendibile, infine un mezzo per cui il così detto autore può dar sfogo alla parte più cruda della sua ambivalenza verso quei libri, di cui egli sa meno di chiunque altro.
La presente scelta è tale solo nel senso che a questa parola danno il norcino e il trippaiolo; ma vi è in più una sfumatura cannibalesca che non dovrebbe andar perduta, una grazia rancorosa, un furore quale si può avere solo per «le proprie viscere», e di cui i fratellini Atreo e Tieste non erano inconsapevoli, ed al cui convito l’estensore della presente nota attende d’essere cortesemente invitato.
Quarte di nobiltà è un libro che probabilmente non piacerà a tutti, forse piacerà a pochi, ma a quei pochi piacerà molto. I motivi prinicpali sono due: strutturalmente ha la peculiarità di essere una raccolta di quarte di copertina; il secondo motivo è che l’autore di questo strano libro composto di quarte è il Manga, ovvero: Giorgio Manganelli, scrittore forse non conosciutissimo dal grande pubblico ma con un suo seguito di appassionati, traduttore e critico letterario, un uomo di lettere a tutto tondo con un’idea forte su cosa significhi fare letteratura.
Di cosa sia o di cosa dovrebbe essere una quarta di copertina ne scrive Luigi Mascheroni, che firma la postfazione, mentre ci accompagna e guida nella lettura, (che può diventare scoperta), la premessa di Lietta Manganelli, figlia del Manga e scrittrice brillante di cui ho gia detto altrove (Album fotografico di Giorgio Manganelli. Racconto biografico di Lietta Manganelli).
Manganelli scrive le quarte di copertina dei suoi libri fin da Hilarotragoedia, suo primo libro, pubblicato da Feltrinelli nel 1964, e poi La letteratura come menzogna del 1967 sempre per Feltrinelli, fino ad arrivare a Antologia privata, uscita per Rizzoli nel 1989, per un totale di venti libri.
In coda a ogni quarta, c’è una breve nota in cui troviamo che editore ha pubblicato la prima edizione di quel titolo, in che anno e una sintetica descrizione della copertina, e che almeno in alcuni casi evidenzia come l’autore dialoghi con le copertine, come nel caso di Nuovo commento: “Nella sovraccoperta della prima edizione, Einaudi editore, 1969 composizione di Takahashi Shohachiro, sorta di mappa splendidamente descritta da Manganelli nella sua quarta di copertina”.
Chi si aspettasse di trovare qualche specie di sinossi o autoesegesi rimarrà deluso. Il Manga mischia le carte, descrive, racconta, prende strade diverse, devia. Da paratesto sembrano diventare testo aggiuntivo, prima e/o ultima appendice di quello che dovrebbero, allo stesso momento, presentare e rappresentare.
Le quarte di copertina di Manganelli, funamboliche aggiunte ai suoi testi, sono quei preziosi marchi, timbri, segnali e segni che rendono i suoi libri inimitabili e unici
dalla premessa di Lietta Manganelli
Altro libro per fedeli manganelliani è I borgorigmi di un’anima. Lettere a Luciano Anceschi, sempre a cura di Lietta Manganelli, un carteggio fatto di lettere brevi e brevissime. Il libro è diviso in tre parti molto diseguali: nella prima parte troviamo le missive di Manganelli ad Anceschi, poco più di una ventina scritte nell’arco di un trentennio (dal 1952 al 1982); la seconda parte si compone di un pugno di lettere scritte da Anceschi a Manganelli (dal 1960 al 1990); mentre la terza parte, di gran lunga la più esigua, contiene solo due brevi messaggi di Luciano Anceschi a Eugenio Battisti, amico di entrambi.
Manganelli chiama Anceschi “Magister”, mentre lo vediamo indaffarato a procurarsi collaborazioni e lavori di traduzione anche grazie all’amico, che però si trova spesso a rincorrere il Manga che sembra scomparire per poi ri-materializzarsi.
(senza data, ma databile 1968)
Caro Anceschi,
ecco a te quel porco del Manganelli; il quale ha solo questo da dire, cha ha passato, il Suino, un tempo così nero e vile e sciancato e torbo e stupefatto e fognesco, da sembrar fatica fuor d’ogni misura metter mano a lettera, disperata arroganza tentar pensieri, soperchiante ambizione dar forma verbata e sintagmetica a quei rutti, quelle loffe, quei borborigmi di un’anima – un’anima! Come paolo sesto – colliquante.
In queste lettere ci sono frasi fulminanti che sembrano scherzi feroci, intrise di una ironia (auto-ironia) che sa arrivare alla vertigine.
Lietta Manganelli, quasi a chiusura della sua postfazione, cita Salvatore Silvano Nigro, che con poche parole riassume il rapporto che salta fuori da queste lettere tra il Magister Anceschi e il Manga: «…è un gioco iperletterario tra due attori che recitano una commedia barocca…»: difficile dire di più o meglio.
I borborigmi di un’anima è stato pubblicato una prima volta nel 2010 dall’editore Aragno, che però ha due vizi: il primo è quello di pubblicare con passione libri che trovano difficilmente accoglienza presso altri editori; il secondo vizio, purtroppo, è quello di rendere spesso introvabili i suoi libri. Quindi grazie a Castelvecchi che ha ripubblicato questo epistolario del Manga.
Giorgio Manganelli
QUARTE DI NOBITÀ
a cura di Lietta Manganelli
Postfazione di Luigi Mascheroni
Aragno (Biblioteca Aragno)
pp. 80
12 euro
I BORBORIGMI DI UN’ANIMA. Lettere a Luciano Anceschi
a cura di Lietta Manganelli
Castelvecchi (Cahiers)
pp. 76
euro 13.50