Con Isole minori Lorenza Pieri costruisce un romanzo a due facce, che pur presentando qualche disarmonia, rimane una prova narrativa di valore e una lettura molto gradevole.
In duecento pagine attraversa quarant’anni, (dal 1976 al 2012), raccontando la vita della protagonista passando per le varie tappe della sua [esistenza] e della sua famiglia. L’arco temporale del racconto si dilata fino a inglobare la storia di come si sono sposati i genitori di Teresa, la protagonista, e di come sono arrivati al Giglio portando con loro Nonnalina, e ancora fino alla vita passata di Nonnalina. Vita passata perché è come fosse altra da quella donna che adesso è la nonna, una vita che sarà svelata alla protagonista dalla sorella maggiore Caterina, come fosse una delle storie che le racconta la sera prima di dormire. Ma questa è una storia terribile e segreta, una storia letteralmente in-credibile.
E poi c’è la Storia con i suoi piccoli fatti, cose piccole che forse in pochi ricordano, come l’episodio che apre il libro: le proteste legate al soggiorno obbligato di Freda e Ventura sull’isola del Giglio; e l’altro pezzo di storia che entra nel romanzo: la Concordia. Uno in apertura e uno in chiusura, quasi a sigillare il libro.
Il Giglio e Teresa sono le isole minori del titolo e anche le protagoniste di questo romanzo di formazione. L’isola del Giglio è il perno geografico-sentimentale attorno al quale ruota la storia, mentre Teresa è la voce che ci accompagna nel libro. Una voce del passato che parla al presente e che mantiene l’asse del racconto tale da renderlo pre-adulto pur parlando post eventum. Teresa è minore per età, è la sorella piccola, ma la sua minorità nasce dalla sua indole che la porta a farsi agire dagli altri, a cominciare da Caterina, la sorella maggiore, che da subito si dimostra ben più autonoma e combattiva di Teresa. Cinica e polemica con tutti, sa essere cattiva con la sorella minore pur rimanendo sempre protettiva nei suoi confronti.
Il libro magico non aveva figure e le parole erano scritte in corpo piccolo. Sulla copertina rigida bianca c’era un enigmatico filo spinato, e nient’altro. In realtà era probabilmente un libro sull’Olocausto, o su qualche altra tragedia concentrazionista del ventesimo secolo, ma Caterina faceva solo finta di leggere e si inventava ogni sera una storia nuova per me, e anche se io lo sapevo mi piaceva quel momento.
Al centro della narrazione ci sono tre generazioni di donne che combattono con la vita in modi diversi; una famiglia dove le figure maschili, quando non sono assenti sono accompagnate da una palpabile fragilità. Vittorio, il padre, fin dalle prime pagine sembra essere lì quasi per caso, in un’isola dove non è nato e sposato con una donna che pare non capire, come ci fosse un muro invalicabile tra loro:
Era rossa di capelli, alta, con il viso e il corpo coperti di efelidi e gli occhi di quel colore marrone bruciato che spesso accompagna le chiome infuocate. Era di una bellezza selvaggia e ferina. Qualcuno l’aveva soprannominata la Leona, ma alla fine tutti la chiamavano la Rossa, per via dei capelli ma soprattutto per le sue idee politiche. La Rossa era più facile temerla che amarla.
Mio padre, che ai tempi era un ragazzo che non aveva paura di niente, se l’era presa più per superficialità che per altro. Il dolore incastonato nello sguardo di lei, che aveva messo in fuga tanti ragazzi, non aveva spaventato Vittorio. Semplicemente, forse lui non era stato capace di leggerlo.
In esergo c’è una citazione dall’Isola di Arturo di Elsa Morante, indicazione di rotta chiarissima, che toglie ogni dubbio sulle ascendenze di Pietro, ragazzino che diventerà poi uomo rimanendo costantemente se stesso, nelle sue asperità ma anche nel suo farsi accogliente, quasi archetipo immutabile di isola nell’isola.
Con Isole minori, Lorenza Pieri riesce a costruire un romanzo che riconcilia con le storie. La scrittura è aperta e fresca, accompagnata da una affabulazione schietta che tiene il lettore sulla pagina senza far sentire lo sforzo di una scrittura pulita e ben lavorata.
La prima metà del romanzo è quella che funziona meglio, non ci sono cadute, mentre la seconda parte presenta forzature un po‘ troppo vistose. Il libro è come spaccato in due. Da metà in poi, e soprattutto verso la fine, va avanti come deve andare e finisce come deve finire, nessun sussulto, di nessun genere. Vengono a mancare i guizzi che meglio caratterizzano la scrittura dell’autrice.
Detto ciò, rimane la cosa che a me pare più importante: Isole minori è un romanzo con molti pregi e con qualche difetto. Il pregio maggiore è che riesce a raccontare con gusto e leggerezza una storia facendo tornare la voglia di leggere altre storie così ben raccontate.
Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra, fu tutto.
Elsa Morante, L’isola di Arturo
L’ho finito da poco e ne sono rimasta entusiasta! Che libro meraviglioso!
Appena terminato. Un oceano tra l’isola di arturo ed isole minori. È una constatazione banale, come banale è il romanzo. Sciatto, tirato via, sembra scritto a più mani e non rivisto, non è minimamente curato lo stile (talora persino sgrammaticato), si sofferma (a questo punto inutilmente) su particolari che poi miracolosamente spariscono o contrastano con altri particolari, salti emozionali, confusione e finale da romanzetto rosa della peggior fattura. Sono sempre alla ricerca di nuovi autori, ma il panorama nostrano resta relegato ad una provincialita’ (isolanita’) che non sboccia (anche le correzioni di franzen si sviluppano in un contesto provinciale, ma il respiro è…universale…).
Gentile Valentina, grazie per il tuo commento. Quello che avevo da dire sul libro in questione l’ho detto e quindi non entro nel merito, ma mi permetto di osservare che il panorama nostrano, a volerlo perlustrare senza rimanere troppo sulla superficie, non è poi così malaccio come in tanti vanno in giro raccontando.
Alla prossima.
Gabriele Sciuto
Io ho riscoperto il panorama nostrano partendo proprio da Lorenza Pieri e il suo “Isole Minori”. Da lì in poi si è aperto un mondo di nuovi autori italiani con ottime voci e con una forte e sincera esigenza narrativa. Soprattutto con poco da invidiare ai tanto osannati scrittori statunitensi.