Vincenzo Sarti è un allenatore di calcio burbero e tutto d’un pezzo. Nel suo lavoro è un padre padrone che ascolta tutti ma che poi decide sempre da solo, perché è lui che comanda e sua è la responsabilità, anche quando gli si presenta l’occasione della vita, anche se questa occasione lo pone davanti a un bivio insidioso.
A Bologna Vincenzo Sarti è un idolo, è riuscito a portare la squadra nelle zone alte della classifica, a un passo dal titolo. Ma adesso che proprio la squadra più odiata dagli italiani (e da Sarti) lo vuole come allenatore, cosa farà? Sarà disposto a venire a patti con i suoi arci-nemici? E quale sarà il prezzo da pagare?
Davide Bacchilega costruisce un romanzo a tre voci che nel suo dispositivo narrativo deve molto al giallo.
Oltre a Vincenzo Sarti a prendere la parola sono Maicol Cammarata, giornalista sportivo che non riesce a far decollare la sua carriera e Alex Rambaldi, bomber in declino che dovrà confrontarsi con una realtà professionale che si va complicando e che lo porterà a scelte inattese.
Il mondo del calcio non è solo uno sfondo, Bacchilega ci vuole raccontare le storie dei suoi personaggi e del mondo in cui si muovono. La realtà talvolta è velata appena da una perifrasi, (quale squadra sarà ‘la squadra più odiata dagli italiani’ con quella maglia a strisce e che ha casa a Torino?), altre volte è meno trasparente ai non appassionati, (come nel caso di Vincenzo Sarti, un coacervo di noti allenatori), e altre ancora segue le tracce della verosimiglianza, (nella seconda parte del libro -e qui mi fermo per non spoilerare-).
Il romanzo è costruito come un meccanismo a orologeria destinato a espodere, ma alla fine l’esplosione è poca cosa.
Il libro sconta un difetto di progettualità: si vogliono dire troppe cose, e alla fine il risultato è questo: un buon romanzo, ma depotenziato.
La quantità di temi che l’autore infila dentro e la loro complessità, vengono compressi, così che a tratti la scrittura risente di scatti e strappi per trovare la fine.
Davide Bacchilega ha una scrittura riconoscibile. È riconoscibile nel come tratteggia i suoi personaggi, nel come li fa parlare. Ha cura dei dettagli, riesce a portarci lì dove vuole e farci vedere quello che vuole. È riconoscibile anche per l’uso che fa di tutte le figure che si basano sulla ripetizione: un uso intenso, serrato, continuo, estremo. Eccessivo. Molto presto questa formula di stile mostra la corda e perde efficacia, rischiando di diventare un appesantimento fine a sé stesso.
Bacchilega mi ha convinto di più col suo precedente romanzo Più piccolo è il paese più grandi sono i peccati, ma questo suo La più odiata dagli italiani ha il merito di provare a raccontare virtù ma soprattutto vizi del mondo del calcio andando oltre le luci dei riflettori (e dei soldi), aprendo uno spaccato su argomenti ignorati o rimossi dal dibattito pubblico.
Mi state sul culo tutti quanti, voi tifosi del calcio. Che non avete altra religione, se non il calcio. Che non avete altro oppio, se non il calcio. Che non avete altro argomento, se non il calcio. Che non avete altro sentimento, se non il calcio. Che non avete altra distrazione, se non il calcio. Che non avete altra passione, se non il calcio. Che non avete altro modo in cui spendere il tempo, se non il calcio. Che non avete altro modo in cui spendere il denaro, se non il calcio.
Mi state sul culo tutti quanti, voi morti di calcio che vivete solo di calcio.
Anch’io vivo di calcio. Però a differenza di voi stronzi, e grazie anche a voi stronzi, a me hanno appena offerto un contratto da tre milioni e mezzo di euro.
All’anno.
Netti.
Chiamatemi scemo.
LA PIÙ ODIATA DAGLI ITALIANI
Davide Bacchilega
Las Vegas
pp. 361
Euro 15
Disponibile anche in eBook