È uscito per Mondadori Le ferite originali di Eleonora C. Caruso, autrice che dalla fanfiction è approdata, nel 2012, al romanzo. Un salto che, almeno in quest’ultimo libro, si rivela maldestro.
Ci troviamo di fronte a una storia di autolesionismo, sadismo e dipendenza, di vite che si nutrono l’una dell’altra come di un veleno necessario. Al centro della vicenda Christian Negri, ex fotomodello, bisessuale, con un disturbo dello spettro bipolare; astro oscuro intorno al quale gravitano, come satelliti, figure a lui legate da rapporti insani: Dafne, studentessa di medicina, figlia di medici volontari in giro per il mondo, che manifesta il disagio della solitudine attraverso lo shopping compulsivo; Dante, quarantenne in carriera che dietro la sua cinica corazza è tormentato dai fantasmi del passato; Davide, studente di ingegneria fisica proveniente da un’umile famiglia veneta alle prese con la scoperta della sua sessualità. Christian è l’amante, il fidanzato, il compagno di ognuno di loro. Porta avanti una doppia – una multipla – vita. Poi c’è Julian, fratello minore di Christian, ragazzo introverso, che col cibo ha un rapporto difficile, pressoché inesistente. Se un merito bisogna attribuire a questa storia è quello di aver abbattuto alcuni stereotipi: l’anoressia non colpisce solo le ragazze, chi fa volontariato non è necessariamente un buon genitore…
Tutti i personaggi vivono portandosi dietro ferite antiche mai rimarginate.
[…] il tempo non guarisce veramente le ferite, non allontana affatto il dolore – fa il contrario. Il tempo dà altro tempo alla ferita d’infettarsi e dà a noi il tempo di tornare sui luoghi di quel dolore. È come l’infanzia, in fondo. Si dice che si cresce, ci si lasciano alle spalle certe cose, ma non è così: l’infanzia cresce insieme a noi, ce la portiamo avanti. Viviamo e non facciamo altro che rivivere quelle paure e quei piaceri, quelle scoperte e quegli abbandoni. Specialmente quegli abbandoni. Veniamo abbandonati, delusi, traditi dalle stesse persone per anni – per sempre.
Christian, Julian, Dafne, Dante e Davide: questi i punti da unire. Bugie, scoperte destabilizzanti e sofferenza i fili che li legano. Ne emerge una trama spesso prevedibile. Christian prende psicofarmaci e droghe, delirando si perde, si ritrova, fa di tutto per allontanare chi lo ama ma ottiene l’effetto opposto, tiene tutti in pugno; Dafne lo accudisce quasi come un figlio, rinunciando a se stessa, amandolo caparbiamente “di un Lana-Del-Rey-tipo-d’amore”; Julian lo ricopre di un affetto ambiguo; Davide ne è completamente conquistato, con lui ha scoperto l’amore; il sadico Dante, si rivelerà, a un certo punto, un aiuto indispensabile, un rifugio per Christian. Christian che tradisce e perdona, manipola e annienta.
Sullo sfondo Milano alla vigilia dell’Expo, la Milano sotterranea delle fermate della metro, la Milano di tutti e la Milano di pochi: una città con le sue contraddizioni, dove si fa l’elemosina al barbone all’angolo della strada per poi entrare in un centro commerciale ad acquistare prodotti realizzati chissà dove e chissà a che prezzo. Una città spesso difficile, descritta con l’aria compiaciuta e orgogliosa di chi vi è legato da una sorta di sindrome di Stoccolma.
Milano va di fretta perché la sua fretta serve a dimostrare che sei vivo anche a Milano, che sopravvivi, nonostante Milano. I milanesi muoiono, ritornano a Milano, la rigenerano. Sono prigionieri.
Una città che riflette e proietta i volti dei protagonisti di questa storia: il loro malessere, ma anche la loro forza di rialzarsi, anche solo per pochi istanti, gli unici che contano nella decisione di portare avanti una vita deludente, amara.
Perché Milano come lui, aveva tutto spaccato in due. Arrivi, scarrozzi il tuo bagaglio di speranze e ferite su e giù dai tram, giuri che questa è l’ultima volta, te ne vai, ma poi ritorni. Ritorni sempre. In questo globo di vetro che cade a pezzi, ma sotto la luce, in alcuni momenti, scintilla.
Alla corrispondenza simbolica tra stati d’animo e scenari si accompagna una somatizzazione altrettanto simbolica del disagio psichico dei personaggi: Christian si porta addosso un “bug”, ha una cisti dermoide in testa; Davide ha “gli organi al contrario”.
Le ferite originali è un libro che si legge per vedere come andrà a finire: ci si chiede se l’intento dell’autrice fosse quello di tracciare un’allegoria dei possibili mali del nostro tempo. Perché solo come rappresentazione caricaturale, eccessiva, questo romanzo risulta più credibile. Tutto è portato alle estreme conseguenze ma alla maniera del “già visto”. Il sesso, per esempio, tra orge e desideri incestuosi, descritto senza veli e senza censure, ripropone le dubbie dinamiche proprie della sceneggiatura di un film porno, ricordando a tratti il caso editoriale “Melissa P”. A questo si combinano toni melensi da teen drama: espressioni quali “bukkake di fate” o “baci simili a post-it sul cuore” ne sono una dimostrazione, accanto all’ostinato utilizzo dei diminutivi leziosi per i nomi – persino per i cognomi – dei personaggi.
C’è, nell’intreccio di ricordi e flashback, di dialoghi, monologhi e pensieri che divagano in passi tratti da canzoni – da Jeff Buckley ai Nine Inch Nails –, nei cambi di prospettiva, il tentativo, talvolta riuscito, di trascinare il lettore nel vortice di una sofferenza che assume diverse forme e diversi volti, ma che è sempre totalizzante, esasperante. Effetto che, una volta ottenuto, è destinato a un brusco arresto di fronte a frasi artefatte e stucchevoli, a cliché narrativi da fiction televisiva, a fantasie adolescenziali che irritano il lettore adulto lasciandolo estenuato.
Le ferite originali
Eleonora C. Caruso
Mondadori 2018
ISBN 9788804685555
Pagine 360
€ 19,00
Disponibile anche in Ebook