Salem’s Lot, negli anni ’70, è abitata da pochissime anime. La ragione principale della sua desolazione è la moltitudine di storie che vengono sussurrate sul suo conto. Racconti da incubo che tengono svegli i bambini la notte e che, inconsciamente, si insinuano come un tarlo nelle fervide convinzioni degli adulti, facendole pian piano vacillare. La protagonista di questi tenebrosi racconti è Casa Marsten che, silenziosa, osserva Salem’s Lot dalla cima della collina sulla quale sorge. Gli abitanti non si possono sottrarre al suo sguardo.
In autunno, così cade la notte a Salem’s Lot: il sole dapprima perde la sua debole presa sull’aria, raffreddandola e ricordando a tutti che l’inverno si avvicina, e sarà lungo. Si formano nuvole sottili e le ombre si allungano. Non hanno la profondità delle ombre dell’estate, perché non ci sono foglie sugli alberi o grosse nuvole in cielo a renderle spesse: sono ombre smilze, meschine, che mordono la terra come denti.
L’abitazione fu il macabro scenario dove, anni prima, avvenne il brutale suicidio degli ex proprietari. È da allora che nessuno ha più il coraggio di percorrere il viale che collega casa Marsten a Salem’s Lot. Nessun, finché in città non arriva il signor Barlow: elegante e criptico uomo d’affari che intende trasformare la casa degli orrori in un negozio d’antiquariato. Il nuovo inquilino non è l’unica novità a far vociare le vie del paese.
Anche l’imminente arrivo di Ben Mears, giovane scrittore interessato alla storia di Salem’s Lot, e la scomparsa misteriosa di un bambino danno di che discutere. Le paure più recondite degli abitanti vengono risvegliate e nulla sembra più essere ciò che appare. I vicini di casa iniziano a sparire senza lasciare traccia. Gli incubi infestano le notti degli abitati di Salem’s Lot. Il male è tornato e si nasconde nel buio.
Lo spiraglio era troppo sottile perché la luce potesse passare. La lingua di oscurità tra uscio e stipite pareva protendersi vorace verso la cucina in attesa che scendesse la notte quando avrebbe potuto ingoiarsela tutta intera. Quella fettina di buio era una promessa di orrori in tutte le loro più indicibili varianti.
Con Le notti di Salem, un giovanissimo Stephen King si è aggiudicato un posto nell’Olimpo del genere horror. Lo stesso King ha ammesso che, scrivendo il libro, ha quasi creduto all’esistenza delle creature notturne di cui racconta.
Allora spegnete la TV – anzi, perché non spegnete tutte le luci lasciano solo quella sulla vostra poltrona preferita? – e parleremo di vampiri qui, nella penombra. Credo di potervi far credere che esistano, perché, scrivendo questo libro, ci ho creduto anch’io.
I protagonisti del romanzo sono infatti i vampiri. Essi tuttavia si discostano dalle versioni più teen che spopolato negli ultimi anni, soprattutto in fatto di prodotti cinematografici. Sono ben più simili a quelli provenienti dai racconti gotici del passato. Essi hanno la brutalità, la cattiveria, le usanze e l’eleganza del Dracula di Bram Stocker: le bare utilizzate come giaciglio, l’impossibilità di entrare nelle abitazioni dei vivi senza un loro diretto invito, i canini appuntiti, la bellezza immortale e l’abbigliamento nero impreziosito dal velluto rosso.
E il male non aveva un solo volto, ma parecchi, e tutti sfuggenti.
L’opera di Stephen King vuole espressamente essere una riscrittura in chiave moderna del sopracitato classico. La domanda alla quali si risponde è: come si inserirebbero i vampiri, al mondo da secoli, in una città contemporanea del Maine, circondati da automobili, telefoni e televisioni? E Stephen King offre una visione, all’epoca, del tutto inedita. La chiave del volume, ciò che rende davvero le sue quasi 700 pagine una calamita per lettori, è la sua capacità evocativa. Grazie alla sue accurate descrizioni attira il lettore sempre in più basso, cullandolo con una macabra melodia che, una volta raggiunto il punto di profondità premeditato dall’autore, non può più tornare in superficie. Tra i principali temi toccati tra le righe della narrazione troviamo, primo fra tutti, quello della violenza esercitata su donne e bambini, costretti a condizioni di vita violente all’interno delle mura quotidiane. Anche il divario sociale tipico degli stati del Centro – America, che induce gli individui più poveri ad essere considerati dei rifiuti sociali. Nemmeno la loro morte scuote i concittadini. Infine, il rapporto con la spiritualità e la religione trova espressione nella figura di Padre Callhan: prete alcolizzato che si trova a dover affrontare l’incarnazione stessa del Male. È necessario del coraggio per cimentarsi in questa lettura. Lo sono anche una coperta, una giornata di pioggia, la semi oscurità e un sopralluogo della stanza. Resistere al bisogno di controllare, tra una pagina e l’altra, sotto il letto, dentro l’armadio o dietro la porta sarà impossibile.
LE NOTTI DI SALEM
Stephen King
Trad. Tullio Dobner
Sperling & Kupfer (Pickwick)
pp. 656
euro 12.90