Leone è un bambino di 6 anni. Fragile e solitario. Sul marciapiede, inginocchiato sul gradino con la testa china e le mani giunte, in un martedì qualsiasi, in una città, Bussolo, che potrebbe essere qualsiasi città, Leone fa una cosa: prega. Prega, davanti a una madre incredula e silenziosamente vergognata, Katia.
«Leone, cosa fai?» è questa la domanda che per giorni Katia si pone, pone a suo figlio, e pone ad un ex marito presente solo nel pianerottolo di casa due venerdì al mese.
Il gesto di Leone è inaspettato per Katia.
«Perché ti da così fastidio che tuo figlio preghi? […] Fastidio… sì, perché non avrebbe dovuto darle fastidio? Era una paura, soprattutto. Aveva paura che gli altri ridessero di suo figlio, che lo prendessero in giro. Era questo che le dava fastidio, il pensiero che Leone si sentisse fuori posto, un bambino sbagliato. […] Ma non era tutto lì, c’era altro. Katia sentiva che c’era altro.»
Questo altro va ricercato in una perdita, nella perdita di un aiuto sicuro e sempre presente per Katia: sua madre. Ed è in questa perdita che Katia deve trovare la risposta al perché suo figlio abbia iniziato a pregare, non può trovarla tra le parole di Leone, nel supporto delle due amiche, o tra un cliente e l’altro alle casse del supermercato.
Anche Leone cerca risposte da questi adulti capaci solo di difenderlo con il silenzio perché convinti che ad un bambino tanto poi la tristezza passa. E così parla, ogni giorno, con Gesù, e non ci vede niente di male nel gesto di parlare con il Signore, o chiunque esso sia. Non gli importano le prese in giro dei compagni. Non gli importa di essere guardato male. Lui parla con un amico che lo aspetta, in qualsiasi momento.
«Ce ne stiamo seduti lì e non facciamo niente, io gli parlo e lui mi ascolta. E sai una cosa bellissima? Non se ne va mai! Non ha mai fretta, non scappa via. È sempre lì fermo su quella panchina, basta che io ci vado e lui c’è.»
Forse come non riusciamo a fare noi adulti?
Mentre leggevo le pagine della Mastrocola avrei voluto Leone accanto a me e avrei spesso voluto dire a Katia di fermarsi, guardare con gli occhi di una madre e provare a chiedersi non tanto come gli altri avrebbero potuto etichettare lei e suo figlio, ma chiedersi da quando quelle preghiere sono iniziate. Chiedersi come fosse la vita di Leone quando lei lo lasciava intere giornate a sua mamma. È proprio nel rapporto che Katia ha avuto con sua mamma, nel rileggere e rivivere il passato con lei che Katia troverà la risposta al comportamento di Leone. Lei ha perso sua mamma. Leone ha perso una nonna. E se Katia ha messo al mondo Leone e come madre avrà sempre un legame con lui, con la nonna esiste un altro tipo di legame intrecciato da un filo invisibile agli altri. Ma Leone il filo lo vede ed è fatto di preghiere, di gesti che lei gli ha insegnato, del presepe che ogni anno allestivano per Natale, dei riti segreti e intimi che possono esserci solo tra un nipote e una nonna.
Non importa se la Mastrocola abbia preso in causa Dio, quello che c’è nelle sue pagine è la necessità di ognuno di noi di credere in qualcosa. Che sia qualcosa che vediamo o no, qualcosa di magico o di concreto, questo sta a noi sceglierlo, ma è qualcosa che ci salva. E ci salva soprattutto quando siamo costretti ad affrontare una perdita che stravolge ogni nostro punto fermo. Leone ha perso la nonna. Leone prega. Leone ha solo sei anni, ma Leone è tutti noi che abbiamo perso qualcuno e il suo vuoto ci ha messo spalle al muro, ci ha fatto rivedere da un’altra prospettiva la realtà. Ci ha obbligati a portare avanti la nostra vita nonostante il vuoto. Forse c’è chi che, come Leone si appenderà alle preghiere o ad una fede tutta sua. O c’è chi si appende ad un libro come questo per sentirsi meno solo, e salvo.
« E della nonna vera, del bene che lei gli voleva, Leone non parlò mai con nessuno. Se lo teneva in cuore e basta, nascosto. »
LEONA
Paola Mastrocola
Editore: Einaudi
Collana: Supercoralli
Anno edizione: 2018
Pagine: 223 p., Rilegato