Il cronista celeste, testimone-attore, attese il festoso e osceno scoprirsi del secolo per cominciare a narrare la sua favola, tra il febbraio e il settembre del 1900, nell’Istituto dei Nervi di Dio sito a Sonnenstein, presso Pirna, in Sassonia, un castello diviso in quattro ali, abitato allora da seicentoventi pazienti («Que l’on chasse ces fous!» aveva gridato Napoleone nel 1813, ma non aveva fatto saccheggiare le provviste) affidati al consigliere segreto dr. Weber. Fra di essi c’era un magistrato tedesco di cinquantotto anni, discendente da un’illustre famiglia di inesorabili miglioratori dell’umanità: Daniel Paul Schreber, Senatspresident, presidente di Corte d’Appello, a riposo così firmava allora.
Un libro storico, un romanzo, un saggio questo e forse qualcosa di più è L’impuro folle.
In questo libro Roberto Calasso, racconta, descrive, gioca, ama e disprezza il Presidente Schreber, primo malato di schizofrenia ad aver scritto nel 1903 un libro: Memorie di un malato di nervi.
Certo, ai tempi non si poteva certo chiamare schizofrenia, ne tanto meno nevrosi, o paranoia o ossessione o delirio di onnipotenza, nulla di tutto ciò esisteva o era stato partorito da quella che poi diventò la psicanalisi; ma indovinate chi si imbatté in questo diario di follie edificando poi tutte le teorie e definizioni sopra elencate? Proprio lui, il padre e della psicoanalisi e dei nostri peggiori incubi, Sigmund Freud.
Fu proprio grazie alla scoperta di questo diario-racconto che Freud poté iniziare a postulare alcune delle sue teorie più originali e spaventose. Grazie a questo diario così sincero e spassionato la mente si apre a sé stessa senza dignità o vergogna, ma con l’orgoglio di un Dio mostra la sua luce che molto spesso è oscurità.
Risalendo alle origini di tutto, il Presidente isolò in una fascia ardente due percezioni di una intensità quasi insostenibile che aveva provato nella sua già matura vita: quella di essere una donna fottuta e quella che «c’è : qualcosa di marcio nello stato di Danimarca: cioè nel rapporto tra Dio e l’umanità». Dopo queste due rivelazioni la sua vita era stata intessuta a forza in quel tappeto che ora guardava e i tempi, per sempre, avevano seguito rotte divergenti.
E come Freud anche Calasso affonda, affoga, annaspa, nel femminile che è sempre potere, nella mente che è sempre pensiero, nella paranoia che quasi mai è follia e nell’anarchia della forma ,il libro non si articola ma si piega su se stesso, il senso è schiacciato da parole e pensieri, il filo d’Arianna non verrà in sostegno. Ma in tutto questo caos basterà identificarsi nel Presidente, basterà essere in lui e mai fuori di lui e tutto prende significato, la candela si accende, le voci si assottigliano e l’insieme prende vita come la tela d’Aracne.
Un solo avvertimento: la follia è contagiosa.
L’IMPURO FOLLE
Roberto Calasso
Adelphi (gli Adelphi)
pp. 128
euro 12