Non ci hanno insegnato che le tragedie ricorrono? Ciò che ricorre ancora più spesso è la possibilità. L’occasione. La casualità. Le fondamenta gettate, le condizioni create, le stelle allineate, la massa critica raggiunta. A quel punto può succedere tutto e il contrario di tutto. L’errore imperdonabile di una generazione diventa l’atto di grazia della successiva. Lo scampato pericolo di una generazione diventa il passo falso della successiva. Il lamento epico di una generazione diventa l’intermezzo comico della successiva. La riconciliazione di una generazione diventa la frattura della successiva. Gli stessi fili riaffiorano di continuo, ma il tessuto è fatto di deviazione, tassellazione, trasformazione. Nessun disegno viene mai riprodotto alla lettera.
Leah Hager Cohen ci presenta una composita, ramificata famiglia ebrea, i Blumenthal: due genitori ultraquarantenni, Bennie e Walter, i loro figli, la zia Glad, ultima superstite della generazione precedente, e poi il fratello e la sorella di Bennie, i nipoti.
Clem, la maggiore dei ragazzi Blumenthal, si sposa. Sposa la ragazza che ama, Diggs, nera e non ebrea, che ha conosciuto al college. Ma questo non sconvolge la sua famiglia. La caotica casa di Rundle Junction, con le sue storie stratificate, piena di problemi strutturali, accoglie una variopinta moltitudine di invitati, di amici delle ragazze. È una festa a sorpresa, quella che Clem sta organizzando, e le sorprese non mancheranno. Ci saranno anche sorprese ulteriori, diverse da quelle architettate da Clem.
Il matrimonio di Bennie e Walter non è mai stato una cartolina di dolcezza e di luce; i litigi, anzi, nel corso della vita di Clem non sono stati infrequenti, e spesso erano accesi. Ma adesso capisce che è una componente essenziale di quanto c’è stato di buono nella sua infanzia, cioè semplicemente il privilegio di crescere con la convinzione che, qualsiasi difficoltà fosse sorta fra loro, i suoi genitori l’avrebbero risolta, sarebbero sopravvissuti. Non sarebbe necessariamente sopravvissuto anche il matrimonio. Ma sarebbe finita bene, per tutti, in un senso più ampio, vitale.
Circola tanto amore, in questa famiglia stramba, anticonvenzionale, divertente. Alla narrazione che di volta in volta si focalizza su uno dei personaggi e sulle complesse relazioni che lo legano a ciascuno degli altri, si affiancano le incursioni nella memoria della storia passata della famiglia che ciascuno serba. Ci sono vecchi segreti, dolorosi ricordi di cui si tace. Ogni angolo, ogni oggetto della casa reca con sé la memoria di ciò che è stato, nel bene e nel male: l’affetto scambiato, i lutti e le disgrazie.
Succede di tutto, in questi cinque capitoli (come cinque sono gli atti della rappresentazione che, nell’idea dell’entusiasta Clem, dovrebbe costituire la cerimonia nuziale), ma tutto è credibile e il passaggio dal registro drammatico al comico e viceversa è sempre naturale.
Molti i temi: l’identità, la tolleranza, la condivisione dei valori all’interno della famiglia, la solidarietà, il cambiamento rappresentato dall’arrivo, nella comunità di cui i Blumenthal fanno parte, di famiglie ultraortodosse, con le diverse reazioni, di inclusione e rifiuto, di curiosità e timore, che ciò suscita. Temi anche pesanti, ma trattati con brio: da non confondere, si badi, con la superficialità.
MATRIMONIO IN CINQUE ATTI
Leah Hager Cohen
Trad. Elisa Banfi
Sur (BIGSUR)
pp. 338
euro 18
Interessante, stimolante, molto attuale