Dopo quasi un anno, torno a scrivere di Annie Ernaux che, in questi giorni, sarà ospite al Salone del libro di Torino.
Ne L’altra figlia al centro della narrazione c’era l’infanzia, con Memoria di ragazza, l’autrice francese continua a scavare nella sua vita raggiungendo un altro strato, quello della giovinezza.
Con la sua naturale capacità di accedere al passato semplicemente spostandosi “da una stanza all’altra”, Ernaux utilizza la forza evocativa di una “scrittura-anniversario” che replica sulla carta, in scala, le proporzioni del tempo e della distanza.
Estate 1958: Annie Duchesne, quasi diciottenne, arriva nell’Orne per prestare servizio come educatrice in una colonia estiva. In sole sei settimane, al prezzo dell’umiliazione e dello scherno, scopre la libertà della vita adulta. Una breve esperienza che getterà il seme di un malessere destinato a protrarsi per buona parte degli anni successivi.
Sono gli anni della guerra in Algeria, ma per la giovane Annie nulla sarà più sconvolgente di quanto accadrà nella sua vita di ragazza.
Un periodo di incosciente spensieratezza che l’autrice sottopone a un riesame letterario mediante un racconto “compreso tra due confini temporali” e corporei che “hanno a che fare con il cibo e con il sangue”.
Anche senza foto, riesco a vederla, Annie Duchesne, quando sbarca a S scendendo dal treno partito da Rouen, nel primo pomeriggio del 14 agosto. I capelli sono raccolti in uno chignon alto dietro la nuca. Porta occhiali da miope che le rimpiccioliscono gli occhi ma senza i quali brancola nella nebbia. Indossa un cappottino blu – ricavato da un loden beige di due anni prima, accorciato e ritinto -, una pesante gonna dritta di tweed – a sua volta ottenuta da un’altra – e una maglia alla marinara. Ha una valigia grigia – ancora come nuova, presa sei anni prima per un viaggio a Lourdes con suo padre e mai più riutilizzata da allora – e una borsa di plastica azzurra e bianca a forma di secchiello comprata la settimana prima al mercato di Yvetot.
Figlia unica di due bottegai, tutto quello che Annie sa della vita lo deve ai libri che divora (legge Sartre, Simone de Beauvoir…), ai film della Nouvelle Vague (alle cui scene sovrappone quelle del suo vissuto), alle canzoni che ascolta e che diventano, col trascorrere del tempo, le sue personali Madeleines per riaccendere i ricordi. Ricordi spesso impietosi, “dono” di una vergogna persistente, che cambia il suo oggetto con l’avanzare dell’età, ma sempre presente nell’impossibilità di essere cancellata, neanche dopo aver ricevuto le chiavi per comprenderla.
Annie adulta viene “raggiunta” dalla ragazza che è stata, la ospita dentro di sé per “decostruirla”, per far rivivere e capire quell’anno della sua vita, taciuto negli altri libri.
Sono vent’anni che annoto «58» nei miei progetti di libri. È il testo mancante, sempre rimandato. Il buco inqualificabile.
Tutti i libri di Ernaux costituiscono la bibliografia viva e vitale di un’esistenza, dove la causa motrice della scrittura entra a far parte del narrato. In tutte le pagine, la vita e la scrittura si affiancano, si succedono, l’una alimenta l’altra.
Chi ha letto le altre opere dell’autrice, troverà inequivocabili segni distintivi del suo modo di procedere nella narrazione: le foto come materiale privilegiato dal quale attingere per tornare a familiarizzare col tempo trascorso, le lettere e la terza persona singolare per parlare di sé. Un sé che non esiste più a partire dal cognome da nubile.
Se le immagini del passato si trovano nella stanza accanto, ciò che talvolta risulta difficile è invece il tentativo di resuscitare le sensazioni di un corpo non più presente. Lo sforzo miope di “mettere a fuoco” le ragioni del passato rende evidente il misterioso rapporto tra identità e differenza. Eppure la scrittura non si inceppa mai, non si arresta il fiume di parole scritte “senza mai voltarsi indietro” nell’urgenza di mettere nero su bianco qualcosa che si vuole caparbiamente salvare dall’oblio.
Ancora una volta Ernaux ci consegna una storia di una delicatezza peculiare: mai aspra seppure schietta, di una schiettezza discreta, né urlata, né sussurrata. Vera.
Memoria di ragazza
Annie Ernaux
L’orma editore (collana Kreuzville Aleph)
traduzione di Lorenzo Flabbi
2017
p. 236