La convenzione ufficiale vuole che un imperatore romano sia nato a Roma, ma io sono nato a Italica; a quel paese arido e tuttavia fertile ho sovrapposto in seguito tante regioni del mondo. La convenzione ha del buono: dimostra che le decisioni dello spirito e della volontà hanno la meglio sulle circostanze. Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi: la mia prima patria sono stati i libri. In minor misura, le scuole.
Chissà se mentre scriveva Le memorie di Adriano la scrittrice Marguerite Yourcenar era consapevole di scrivere uno dei libri capolavoro della letteratura del ‘900, quello che è sicuro è che ci è riuscita.
Pubblicato nel 1951, Le memorie di Adriano è l’incontro perfetto tra due delle più nobili e fondamentali materie umanistiche, letteratura e filosofia.
Difficile da descrivere, quasi impossibile raccontarlo, il romanzo di Marguerite Yourcenar ci porta oltre la vita proprio quando sta per finire, quando ci regala il suo ultimo scherzo nostalgico per ricordarci che comunque siamo ancora vivi e che comunque le cose possono ancora cambiare.
C’è un punto solo nel quale mi sento superiore alla generalità degli uomini: io sono piú libero e, al tempo stesso, piú sottomesso di quel che non osino esserlo gli altri. Quasi tutti ignorano del pari in che cosa consista la loro autentica libertà e il loro vero servaggio.
Adriano non è un temerario più che un vizioso, e sul letto di morte preferisce ricordare più che pentirsi: la guerra, l’amicizia, gli dei e l’ambizione.
Frasi scheletriche che reggono un intero libro, colonne di templi che si costruiscono sotto i nostri occhi, parola dopo parola, senza lasciarci il tempo di accorgercene o di ammirarli. E se Adriano non è un temerario, Yourcenar sì, tanto da lanciarsi in una semplice e per questo pirotecnica descrizione dell’amore, così sottile, delicata e vera da far sembrare un lusso poter leggerla.
Ormai leggenda o mito Le memorie di Adriano fanno parte di quella letteratura senza nome e senza padrone, quella di tutti e di nessuno, dove ognuno si trova per perdersi.
Ho compreso che ben pochi realizzano se stessi prima di morire: e ho giudicato con maggior pietà le loro opere interrotte. Quell’ossessione di una vita mancata concentrava i miei pensieri su di un punto, li fissava come un ascesso. La mia sete di potere agiva come quella dell’amore, che impedisce all’innamorato di mangiare, di dormire, di pensare, di amare perfino, sino a che non siano stati compiuti certi riti.
MEMORIE DI ADRIANO
Marguerite Yourcenar
A cura di Lidia Storoni Mazzolani
Einaudi
pp. 354
euro 13