È da quando ho saputo che sarei diventato cieco che ho cominciato ad amare la pittura. Forse amare non è una parola giusta, perché nelle mie condizioni è difficile provare un sentimento verso qualcosa fuori…
Se cercate un libro appena uscito, se pesate i libri a pagine o se credete che la trama sia tutto, lasciate perdere questo libro sottilissimo e dall’intreccio essenziale. Se invece ne state cercando uno dalla prosa così nitida da essere tersa, fermatevi e cominciate pure a sfogliare Nel museo di Reims.
Barnaba è un ex ufficiale di Marina, un pilota. Sta diventando cieco e vuole imprimere in sé le immagini, seppur sfocate, di capolavori dell’arte, e tra tutti uno in particolare: il Marat assassiné di David. Barnaba si aggira per le sale del museo di Reims cercando di superare quella barriera che rende difficile “provare un sentimento verso qualcosa fuori”, quella vista che si sta spegnendo e che ormai “sta diventando quasi una sensazione tattile”, fin quando trova una donna sconosciuta che lo accompagnerà quadro dopo quadro, nella scoperta e nell’abbandono a un vedere nuovo (forse).
Non so mai bene come comportarmi. Da un lato tenderei ad affidarmi in tutto a chiunque mi avvicini, dall’altro so che la mia condizione mi isola dalle altre persone. Per temperamento ero già un po’ diffidente, adesso ho quasi sempre paura. Di lei non riesco a vedere molto; ho visto gli occhi, e il viso, e ho sentito la voce , e anche l’odore.
Del Giudice ha costruito un racconto di una densità rara, che accoglie alcuni tra i motivi centrali delle sue narrazioni, in particolare, il volo, (motivo anche biograficamente importante per Del Giudice), e il viaggio. Qui un viaggio tra musei, tra quadri, ma che significa altro, che rimanda al rapporto fra arte e vita, dentro e fuori, ma è anche qualcosa che ha a che fare con il discorso sul valore della letteratura, la funzione stessa della letteratura. La centralità dei sentimenti e della memoria nella creazione.
Del Giudice è riuscito, anche in un racconto così breve, a disegnare una storia paradigmatica con una scrittura calibratissima alternando con abilità narratore interno e narratore esterno, facendoci passare dalla prima alla terza persona con naturalezza, quasi non accorgendoci dello scarto e lasciando così fluire la lettura con una dolcezza liquida che tiene immerso il lettore nel testo.
Ci sono giorni in cui leggere deve significare leggere parole perfette, che stanno lì perché non potrebbero stare altrove, parole che scivolano a formare un percorso preciso e leggero, che ri-danno alla scrittura il senso di originaria scoperta ed evocazione. Quelli sono i giorni migliori per leggere Daniele Del Giudice, per leggere Il museo di Reims.
Per quanto mi sforzi di guardarli tutti piano piano, ogni volta me ne resta in mente solo uno. Uno del Prado, uno della Tate Gallery, uno del Louvre, uno degli Uffizi, uno di qualche museo meno famoso e periferico, dove magari sono andato per vedere solo quello, come qui a Reims, dove in realtà è un solo quadro che vorrei vedere.
NEL MUSEO DI REIMS
di Daniele Del Giudice
Einaudi
p.54
Euro 9,50
Disponibile anche in eBook