Continuo a chiedermi come è possibile che io sia ancora qui. Chiuso il libro di Cognetti, mi sarei dovuta fiondare sul primo pc disponibile e prenotare il volo più economico e immediato a mia disposizione. Destinazione New York ovviamente. Già mi immagino la mia prima istantanea, il mio primo personalissimo mattone di questa città in perenne cambiamento. Capisco che questo piccolo libro possa essere scambiato per una guida turistica, magari atipica, ma comunque una guida, ma in realtà non lo è, almeno per me.
Non posso dimenticare il mio arrivo in città. L’estate dei venticinque anni, uno zaino pieno di libri come sedile, e la corriera che emerge dal buio del Lincoln Tunnel. Anch’io cercavo qualcosa laggiù – le strade degli scrittori che amavo, la loro ispirazione segreta – ma non ero pronto all’accoglienza che mi aspettava. Sbarcando dal New Jersey, Manhattan apre il sipario all’improvviso: poco prima stavo contemplando un paesaggio di fabbriche e svincoli autostradali, e subito dopo ero tra i grattacieli.
Cognetti non parla di monumenti, ma di atmosfere, di sensazioni. I suoi occhi bucano i palazzi di Brooklyn alla ricerca di quello che non c’è più e che anche quando c’era non era visibile, o forse non interessava a nessuno. Ci fa attraversare quartieri e vie che hanno custodito, a volte miracolosamente, gli scrittori che ha più amato. Ogni sua pagina è pervasa da un senso di nostalgia che ti attanaglia lo stomaco.
Paolo sa perfettamente che al suo prossimo viaggio a Gotham, quest’entità di grattacieli, storie e pazzi, la città sarà cambiata ancora una volta; lo sa anche mentre l’attraversa a piedi, durante i suoi pellegrinaggi e girando un angolo qualsiasi di strada, è come se gli dicesse addio per sempre. Molti dei suoi autori preferiti, del passato ma anche del presente, sono cresciuti dall’altra parte del fiume, a Brooklyn, sulla sponda più sfortunata di questa città. Un quartiere “perdente” (a partire dalla sua squadra di baseball, i Dodgers) ma gravido ti talenti di ogni genere. E seguendolo con occhi attenti e stupiti quelle stesse strade si specchiano nei brani, negli stralci di quelle opere con cui lui stesso è cresciuto e che, ancora prima di sbarcare su quelle sponde, hanno fatto in modo che New York gli appartenesse, pur non avendola mai vista.
Paolo Cognetti scrive bene e si sente fra le sue pagine che l’argomento, per lui, era ed è importante. Il suo libro è un taccuino di appunti presi durante diversi viaggi fatti a New York, eppure, anche sapendo che l’autore la conosce e l’ha già vissuta, traspare ancora dalle sue righe un senso di stupore che te lo fa sentire amico. Come se su quel davanzale di Roosevelt Island, l’isolaccia, ci fossi anchea tu a fumarti l’ultima sigaretta della giornata, osservando le storie della tua New York attraverso tutte quelle finestre senza tende. E se non riuscisse a far nascere in noi il desiderio immediato di salire sul primo aereo disponibile, sicuramente riesce a far nascere un’urgenza insaziabile di procurarci tutti quei libri. Bisogna averli, bisogna leggere la totale mancanza di speranza di Selby, la necessità di un senso di comunità di Lethem, l’orgoglio smisurato di Whitman, la nostalgia dell’infanzia passata su quelle strade di Miller, la disperazione di Melville. Chiuso il libro c’è poco da fare, lo sfogli ancora una volta verso la fine e con la sua piccola bibliografia alla mano, cominci il tuo nuovo viaggio. O almeno così ho fatto io.
Anche la narrativa di Gotham ha i suoi monumenti qui. La New York Public Library, immensa biblioteca tempio, forse l’unica vera cattedrale di una città che rispetta tutti i culti, ma non ne abbraccia nessuno. La sede del «New Yorker», la rivista che da quasi un secolo detta legge nel panorama letterario americano. L’hotel Algonquin, dove Dorothy Parker radunava il suo circolo di scrittori ubriaconi. Il Plaza, il Waldorf-Astoria e tutti i grandi alberghi in cui bruciò l’età del jazz di Francis Scott Fitzgerald. La Grand Central Station e la Penn Station, da dove partono i treni diretti a Long Island e nel Connecticut, affollati dai pendolari tristi di John Cheever e Richard Yates. Forse troppa letteratura, qui, per pensare di esplorare queste strade assaggiando il sapore del presente.
New York è una finestra senza tende
di Paolo Cognetti
Laterza (i Robinson / Letture)
€ 14,00
pp.158