Un ragno che tesse la sua ragnatela attorno al lettore, lentamente, sornione. Poi i cerchi si fanno sempre più stringenti, sino a catturarne la curiosità, a imprigionarla.
E’ l’effetto che mi ha fatto leggere l’ultima opera di Murakami L’Assassinio del Commendatore, pubblicato in due parti da Einaudi.
In questo libro i temi spaziano dalla cucina alla moda, dalla musica classica al rock al pop; tratta della differenza tra vinile e compact disc, tra analogico e digitale; analizza la pittura e la tecnica pittorica; espone pezzi di Storia del Giappone e dell’Austria; discute della qualità di varie marche di whisky; mostra una variegato parco auto, in particolare Jaguar; in più ci sono sogni, relazioni di vario tipo e livello, sentimenti, emozioni, idee, metafore, filosofia. E molto altro ancora.
Una macedonia quindi, ma tutto è unito dalla scrittura e dalla semplicità che rende questo libro l’ennesima prova della bravura del Maestro.
LE ACQUE DEL NORD di Ian McGuire
Questo romanzo non vuole compiacere il lettore, lo vuole rapire. E ci riesce benissimo: la vicenda si dipana in un carosello di personaggi gretti, con pochi ideali, egoisti che all’interno di una baleniera e fra i ghiacci artici rivelano i loro istinti bestiali. Non c’è una morale, non c’è una redenzione. Ma si segue con il cuore in gola le sorti del protagonista, il medico Patrick Sumner.
Mentre cammina, Sumner ricorda l’aula di dissezione a Belfast, quando guardava Slattery, quel vecchiaccio blasfemo, affettare felice un cadavere. «Per ora non vi è traccia dell’anima immortale di questo tizio, giovanotti» era solito scherzare mentre rovistava e strappava, tirando fuori budella come un prestigiatore fa con le bandierine, «e neppure delle sue mirabili facoltà intellettuali, ma continuo a cercare».
LA PRIMA FRASE È SEMPRE LA PIÙ DIFFICILE di Wislawa Szymborska. Con un’intervista all’autrice di Dean Murphy
Siete di fretta? Avete a disposizione pochi minuti e non volete sprecare nemmeno un secondo in stupidaggini? Questo è il libro giusto! Ventiquattro pagine per cominciare a conoscere una tra le poetesse più amate di questi ultimi anni: Wislawa Szymborska.
Queste due parti oltre ad avere una lunghezza/brevità molto simile, sono accomunate dalla felice concentrazione di contenuti in uno spazio così ridotto.
La prima frase è la più difficile si compone di due parti: la prima, Il poeta e il mondo, è il discorso tenuto il 7 dicembre 1996 a Stoccolma dalla poetessa polacca in occasione della cerimonia di conferimento del premio Nobel; la seconda parte, Wislawa Szymborska. Creare una poesia universale nel pieno del caso politico, è invece una intervista di Dean E. Murphy alla stessa Szymborska rilasciata antecedentemente al discorso pronunciato davanti all’Accademia di Svezia e apparsa il 13 ottobre sul Los Angeles Times.
RESTO QUI di Marco Balzano
Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e poco dopo distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita.
Libro straordinario che riporta a galla, nel vero senso del termine, una storia poco conosciuta del nostro Paese che meritava di essere raccontata. E Marco Balzano l’ha fatto in modo magnifico, in uno dei libri più belli che io abbia letto negli ultimi tempi. Ha scelto di farlo attraverso una voce che riesce a far passare la Storia nella cruna dell’ago di una storia: una maestra che crede ancora alla forza delle parole come ultimo, disperato, atto di resistenza. Che prova a riportare le parole, in questa vallata del Sudtirol fatte muri, alla loro etimologia: parabole e quindi ponti. Continua a leggere
VERSO IL MARE IN OGNI CASO di Carlo Zambotti
I bambini corrono, scappano, si inseguono. La bambina grassa ride. Il bambino biondo, col nasone, ride anche lui. Hanno la cartella sulle spalle, il bambino non le ha volute abbandonare sull’erba umida, si possono rovinare aveva detto. E la bambina non aveva trovato niente da ridire. Le cartelle piene di libri pesano sempre di più. Più fatica, meno forza dice allora la bambina grassa, saggia e stanca di correre. Più volontà meno lagne risponde il bambino. E non parlano più. Corrono.
Verso il mare in ogni caso di Carlo Zambotti è un libro frantumato, la storia è evanescente, non si capisce bene. I due protagonisti si rincorrono e si incrociano di racconto in racconto, prima bambini, fino a diventare adulti. Ci sono qua e là indizi a sufficienza per non essere del tutto disorientati, ma non è questo l’importante, non è la storia che fa stare in piedi il libro, anzi. All’evanescenza della trama fa da contrappeso la gabbia della struttura formale: ogni (mini) racconto ha per titolo una frase di entrata che è anche la frase che chiude il racconto precedente, a eccezione del primo, nel quale il titolo diventa anche incipit. A chiudere questa sequenza, le ultime parole dell’ultimo racconto (e quindi del libro) coincidono col titolo “…verso il mare in ogni caso” a sigillarne la circolarità. Continua a leggere
I RACCONTI DEL COMMISSARIO SILVESTRI. INDAGINI NELLA VENEZIA METROPOLITANA di Guido Vianello
IL COMMISSARIO SILVESTRI E LA NOSTALGIA PER UNA CITTÀ PERDUTA
“Papà, ma perché in questo campo non c’è nessuno?”
“Cossa ti disi, Biagio?”
“Quando passiamo di qui è sempre vuoto. Sento solo l’acqua della fontanella. Chi ci abita?”.
“Che domanda: veneziani, come noialtri. Poi, guarda sono arrivati dei bambini con il pallone!”
“Dove?”
“Là, dove c’è scritto Casa israelitica di riposo, vedi? Dai, chiedi di giocare con loro. Io ti aspetto qui, sulla panchina”.
“Mi vergogno, papà!”
(dal racconto “Il destino dell’onda”)
È veneziano il commissario Silvestri.
Il personaggio uscito dalla penna di Guido Vianello ci accompagna per 230 pagine attraverso una città riconoscibile per luoghi e atmosfere, ma, come annunciato nel titolo, ci conduce anche attraverso quel ponte translagunare che, come un filo di yo-yo, allontana e avvicina il “pesce” della città storica all’area metropolitana. Continua a leggere
GIOVANNI RABONI (Milano, 22 gennaio 1932 – Parma, 16 settembre 2004)
Da LE CASE DELLA VETRA (1955-1965)
Cinema di pomeriggio
Quasi sempre, a quest’ora
arriva gente un po’ speciale (però
di buonissimo aspetto). Chi si siede
ma poi continua a cambiar posto,
chi sta in piedi, sul fondo della sala, e fiuta,
fiuta rari passaggi, la bambina
mezzo scema, la dama ch’entra sola,
la ragazza sciancata… Li guardo per sapere
che storia è la loro, chi li caccia. Quando
viene la luce penso che il cuore
gli si deve contorcere cercando
d’esser salvo più in là, di sprofondare
nel buio che torna tra un minuto Continua a leggere
L’INNOCENTE di Marco Franzoso
Oggi esce il nuovo romanzo di Marco Franzoso, L’innocente.
Marco Franzoso è uno scrittore che ho sempre apprezzato molto, fin dai tempi dei suoi primi romanzi più scanzonati come Westwood dee-jay a quelli più intimi che lo hanno portato a indagare la tematica dei rapporti famigliari difficili: una moglie madre che si allontana volontariamente dalla famiglia in Tu non sai cos’è l’amore, una moglie madre che arriva quasi a uccidere il figlio ne Il bambino indaco, una moglie madre che abbandona la famiglia e un padre che si trova solo col figlio a doverlo crescere ne Gli invincibili.
C’è sempre un figlio in queste storie, ma il punto di vista è quello dell’adulto.
In questo nuovo romanzo invece c’è Matteo, un bambino di dodici anni orfano di padre. E’ lui a raccontarci questa storia, la sua storia e lo fa nell’arco di una giornata intera in cui tutto cambierà e diventerà “grande” suo malgrado: dal momento in cui si sveglia, al viaggio in auto accanto alla madre dal paesino di campagna in cui vive verso la città dove lo aspetta il confronto col Giudice per fare chiarezza su un presunto abuso avvenuto due anni prima, al ritorno a casa.
Al buio le lancette della sveglia sembravano due piccoli
neon che illuminavano le api e le rondini disegnate sul
quadrante. Matteo strinse il cuscino con le mani e vi affondò
la testa. Tic.
Chiuse gli occhi e contò i secondi. Quattro. Cinque. Sedici.
Li riaprì per vedere lo scatto in avanti della lancetta
dei minuti, ma come sempre aveva atteso troppo e il piccolo
neon fosforescente adesso stava lì, più in alto, di nuovo
immobile. Era un gioco che faceva con suo padre. Tac.
Matteo non era mai riuscito a cogliere quel movimento,
ma da un po’ aveva imparato a non prendersela perché
nella vita, come gli aveva insegnato suo padre, non
serviva. Quando era bambino lui, diceva, non c’era tempo
per prendersela o starci male, e infatti i bambini erano
più svegli, non c’erano tutte queste comodità che avevano
rovinato la gente. «Dovevi arrangiarti, ed era giusto così,
altrimenti erano affari tuoi» ripeteva. «Siamo in guerra,
vecchio mio, è meglio che ti dai una mossa.» Tic
…
«Ricordati, Matteo» diceva, «nella vita sono importanti
tre cose.» Si fermava ancora, gli metteva una mano
sulla spalla e stringeva per fargli capire che gli voleva
bene, e che quelli erano gli insegnamenti fondamentali
di un padre. «Tre cose, hai capito? Misurare, scavare e
poi dimenticare.»
Matteo è in guerra e deve dimenticare. Così inizia il romanzo e questo è il suo fulcro.
Sopravviverà Matteo a questa guerra? Riuscirà a dimenticare?
IL GATTO DI MARMO di Ilaria Mazzeo
Paola e Carmine condividono la vita da quarant’anni, hanno vissuto una storia d’amore durata poco e poi la vita è andata avanti: lui è uno sceneggiatore e lei la sua assistente. C’è un film da presentare, ci sono i giornalisti da tenere a bada e ci sono da evitare tutte le altre seccature. È estate, c’è il sole, fa caldo e c’è il mare alla finestra:
Le porte del treno si chiudono.
«Finisco di scrivere una roba» fa, abbassando di nuovo la testa sulla tastiera.
Prendo il mio libro senza dire nulla. Sono abituata a non disturbare Carmine mentre lavora, le sue sceneggiature sono sempre state al primo posto nella sua personale classifica esistenziale, a discapito di qualsiasi altra cosa, persona o situazione.
Quando riemerge dallo schermo siamo quasi arrivati a Napoli. Si stiracchia, come dopo un lungo sonno, poi dice: «Alloggeremo ad Amalfi.»
«Bene.»
«Ho chiesto che la stanza sia vista mare, ho immaginato che ci tenessi.»
«Sei stato molto gentile.»
Tutto sembra quieto, di una mollezza rilassata, eppure a piccoli scarti si scivola. La direzione è segnata. Anche se non sappiamo esattamente come accadrà, sappiamo che accadrà. Continua a leggere
EDITH SÖDERGRAN (4 aprile 1892 – 24 giugno 1923)
Vierge moderne
Non sono una donna. Io sono una cosa neutra.
Sono un bambino, un paggio e una decisione ardita,
sono un ridente sprazzo di un sole scarlatto…
Sono una rete per tutti i voraci pesci,
sono un brindisi all’onore di tutte le donne,
sono un passo verso il caso e la perdizione,
sono un salto nella libertà del sé…
Sono il bisbiglio del sangua all’orecchio dell’uomo,
sono un brivido dell’anima, e della carne, brama e diniego,
sono un’insegna d’accesso a nuovi paradisi.
Sono una fiamma, incerta e audace,
sono un’acqua, che non si spinge oltre le ginocchia,
sono fuoco e acqua in leale rapporto senza condizioni… Continua a leggere
LA RAGAZZA CON LA LEICA di Helena Janeczek
Tutti hanno sentito parlare almeno una volta di Robert Capa. Ma Gerda Taro, sua compagna, fotoreporter di guerra, è altrettanto conosciuta?
Candidato al premio Strega e al premio Campiello, La ragazza con la Leica di Helena Janeczek ripercorre gli anni che vanno dall’inizio della carriera della giovane fotografa fino alla sua tragica scomparsa a soli 26 anni, nel 1937.
Non appena si inizia a sfogliare il libro, ci si imbatte in una foto. Una foto datata agosto 1936, scattata a Barcellona, che raffigura due miliziani antifranchisti. Un uomo e una donna, che si guardano ridendo complici. È un’immagine divenuta celebre, subito seguita da un’altra. Stessi soggetti, stesso istante ma qualcosa di diverso: la prospettiva. I due amanti sono stati fotografati da due angolazioni diverse perché i fotografi sono due: Robert Capa e Gerda Taro. Continua a leggere
LE FERITE ORIGINALI di Eleonora C. Caruso
È uscito per Mondadori Le ferite originali di Eleonora C. Caruso, autrice che dalla fanfiction è approdata, nel 2012, al romanzo. Un salto che, almeno in quest’ultimo libro, si rivela maldestro.
Ci troviamo di fronte a una storia di autolesionismo, sadismo e dipendenza, di vite che si nutrono l’una dell’altra come di un veleno necessario. Al centro della vicenda Christian Negri, ex fotomodello, bisessuale, con un disturbo dello spettro bipolare; astro oscuro intorno al quale gravitano, come satelliti, figure a lui legate da rapporti insani: Dafne, studentessa di medicina, figlia di medici volontari in giro per il mondo, che manifesta il disagio della solitudine attraverso lo shopping compulsivo; Dante, quarantenne in carriera che dietro la sua cinica corazza è tormentato dai fantasmi del passato; Davide, studente di ingegneria fisica proveniente da un’umile famiglia veneta alle prese con la scoperta della sua sessualità. Christian è l’amante, il fidanzato, il compagno di ognuno di loro. Porta avanti una doppia – una multipla – vita. Poi c’è Julian, fratello minore di Christian, ragazzo introverso, che col cibo ha un rapporto difficile, pressoché inesistente. Se un merito bisogna attribuire a questa storia è quello di aver abbattuto alcuni stereotipi: l’anoressia non colpisce solo le ragazze, chi fa volontariato non è necessariamente un buon genitore… Continua a leggere
L’AUTUNNO È L’ULTIMA STAGIONE DELL’ANNO di Nasim Marashi
Teheran, giorni nostri, tre amiche affrontano, ognuna a modo proprio, piccole e grandi sventure. Non si parla di guerra, né di miseria. Le protagoniste de L’autunno è l’ultima stagione dell’anno appartengono, se possibile, ai “privilegiati”, ma si trovano in un limbo, combattute tra valori antichi e valori moderni, tra desideri propri e aspettative altrui. Nasim Marashi, pur mantenendo sullo sfondo alcuni elementi della storia e della cultura del suo popolo, sembra mostrarci come, in fondo, la vita delle ragazze iraniane alla soglia dei trent’anni, non sia poi così diversa da quella delle coetanee italiane.
Leila, Shabane e Rogia si conoscono dai tempi dell’università, si sono laureate in ingegneria e, a eccezione di Leila che può permettersi di non lavorare, hanno un impiego coerente con i loro studi. Ma questo non basta per essere felici. Continua a leggere
L’ABBANDONATRICE di Stefano Bonazzi
L’abbandonatrice è un romanzo in cui mi sono imbattuto per caso e che si è rivelato essere molto interessante. Si apre con la notizia della morte, per suicidio, proprio di Sofia, la donna, provata da una vita difficile, che ha scelto come espediente per sopravvivere quello di abbandonare tutto e tutti (come è stata abbandonata lei da piccola), forse per paura di soffrire, o di far soffrire gli altri, o per il desiderio di ricominciare sperando che la nuova vita possa essere migliore.
A ricevere il triste annuncio è Davide, l’io narrante, che ne è stato un amico molto intimo, ha subito l’abbandono e che non sente da anni.
Al suo funerale, a Londra, conosce il figlio di lei, il sedicenne Diamante che decide di seguirlo fino a Bologna.
A Bologna Davide, omosessuale, vive con il compagno Oscar, ormai prigioniero dell’eroina.
Ai tempi dell’Università, Oscar, Davide e Sofia si erano conosciuti e, proprio in quei tempi, era nato l’amore fra i due ragazzi e l’amicizia fra Davide e Sofia. Continua a leggere
ELISABETH BISHOP (8 febbraio 1911 – 6 ottobre 1979)
Chemin de fer
Da sola lungo i binari
camminavo col cuore in tumulto.
Le traverse erano troppo vicine
o forse troppo lontane tra loro.
Un povero scenario; cespugli
di pini e di querce; al di là
delle foglie verdi e grigie
vidi il piccolo stagno
dove vive lo sporco eremita,
stendersi come un’antica
lacrima che si tien strette
di anno in anno lucidamente le ferite. Continua a leggere