PATRIA di Fernando Aramburu

Secondo Marx, le circostanze fanno gli uomini non meno di quanto gli uomini facciano le circostanze. In Patria di Fernando Aramburu le circostanze creano un mondo dove i valori sono intercambiabili, i giudizi impossibili. I protagonisti sono contrabbandieri di sentimenti, outsiders.

Riguardo gli outsiders, la letteratura d’occidente è un fiume carsico, che scorre tra chi è guidato da una visione del mondo (Achille, Stavrogin, Ulrich, Castorp) e tra chi invece è prono di un habitat incomprensibile che lo sovrasta (Edipo, Samsa, Josef K, Pasenow). I primi sono spesso folli, i secondi di frequente schiavi. Secondo la scelta di narrare il mondo da un lato o dall’altro, cambia la diagnosi e la cura. Aramburu opta per la seconda possibilità, costruendo un romanzo solo apparentemente storico, solo apparentemente sulla questione basca, solo apparentemente sull’omicidio come atto morale nei confronti del “tiranno”: in realtà edificato sull’impossibile approdo umano alla conoscenza del giusto, che è forse la caratteristica del nuovo nichilismo.

La trama è costituita dalle labirintiche relazioni umane interne ai componenti di due famiglie colte dall’occhio dell’autore qualche anno prima della splendente decadenza del territorio basco, causa e conseguenza della deflagrazione dell’irredentismo. Continua a leggere

VIRGINIA di Emanuelle Favier

Virginia, dunque, è seduta in una poltrona dall’alto schienale al centro di una stanza piena di libri, di fotografie e di oggetti che stanno acquisendo a poco a poco lo statuto di reliquie per essere stati così covati dal suo sguardo, irrorati dal suo respiro. Pensosa, contempla la sua mano splendida; tiene una sigaretta, o forse un piccolo sigaro. Virginia non teme né il caldo né le ire dell’inverno – lei pensa.

Leggere le ultime righe di Virginia di Emmanuelle Favier (editore Guanda) è stato come guardare il sipario chiudersi a nascondere la scena e gli attori alla fine della rappresentazione. Non vorresti lasciarli andare, non vorresti lasciare andare Virginia verso l’icona Virginia Woolf e la sua nota fine. In questa parte della storia, Favier ci permette di essere gli osservatori dell’inizio del tutto e di limitarci solo a sottintendere il mostro agitarsi sotto la superficie delle acque. Gli anni di Ginia, Miss Jan sono descritti l’uno dopo l’altro come una sequenza di quadri teatrali, lasciando lo spettatore/lettore a volte in prima fila, a volte in piccionaia ma sempre legato alla protagonista anche quando i suoi pensieri si perdono nei primi deliri di quella malattia mentale che l’accompagnerà per tutta la vita. Continua a leggere

LA RAGAZZA CON LA LEICA di Helena Janeczek

Tutti hanno sentito parlare almeno una volta di Robert Capa. Ma Gerda Taro, sua compagna, fotoreporter di guerra, è altrettanto conosciuta?

Candidato al premio Strega e al premio Campiello, La ragazza con la Leica di Helena Janeczek ripercorre gli anni che vanno dall’inizio della carriera della giovane fotografa fino alla sua tragica scomparsa a soli 26 anni, nel 1937.

Non appena si inizia a sfogliare il libro, ci si imbatte in una foto. Una foto datata agosto 1936, scattata a Barcellona, che raffigura due miliziani antifranchisti. Un uomo e una donna, che si guardano ridendo complici. È un’immagine divenuta celebre, subito seguita da un’altra. Stessi soggetti, stesso istante ma qualcosa di diverso: la prospettiva. I due amanti sono stati fotografati da due angolazioni diverse perché i fotografi sono due: Robert Capa e Gerda Taro. Continua a leggere

OGNI SPAZIO FELICE di Alberto Schiavone

In “Ogni spazio felice” Alberto Schiavone ci accompagna per una settimana nella vita di Ada e Amedeo. Sposati da oltre vent’anni, hanno adottato due figli, Alex e Sonia e vivono a Milano. Entrambi sono in pensione, Amedeo faceva il vigile urbano, Ada era una professoressa di lettere.
La narrazione si divide nei sette giorni della settimana, e fin dal primo capitolo, intitolato Lunedì, si percepisce che l’equilibrio della famiglia ha subito una forte rottura che il tempo non è riuscito ad aggiustare.

«Vi devo dire una cosa.
Sonia ha il mento in basso e non fissa in viso nessuno dei suoi due genitori. Piccoli cenni dei suoi occhi ogni tanto vanno ad accarezzare i mobili che conosce, il divano, persino quel brutto disegno fatto da lei che persiste negli anni a prenderla in giro dal muro. In basso c’è scritto, con calligrafia incerta, la mia famiglia. Sotto le figure ci sono i nomi di Ada, Amedeo, Alex e Sonia. Quel quadro guarda tutti loro da tanti anni e li prende in giro, ricorda a tutti loro che non sono più in quattro, sono rimasti in tre. Nessuno ha mai voluto toglierlo.»

Forse è arrivato il momento di iniziare a reagire a quel doloroso passato, di riaprire le finestre dell’appartamento in cui Ada e Amedeo vivono nelle loro rispettive solitudini.
Ada, con gli anni, ha cercato di far tacere il suo dolore attraverso l’alcool e il fumo, diventando sempre più spocchiosa, cinica e cocciuta. Continua a leggere

IL PARTIGIANO EDMOND di Aharon Appelfeld

«Edmond, scappa. Corri.» è con queste parole che Edmond, ragazzo di diciassette anni, scappa per un soffio alla deportazione ed entra in una banda di partigiani.
Siamo in Ucraina: è l’ultimo anno del secondo conflitto mondiale.
Il gruppo è capeggiato dal carismatico comandante Kamil: «non è una persona religiosa nel senso comune del termine, ma tutto il suo essere esprime stupore: a volte davanti a una pianta o a un fiore, a volte davanti a una parola.» e sarà per Edmond una figura centrale.

Da quando mi sono unito ai combattenti sono cambiato radicalmente. Solo un anno fa ero seduto sui banchi di scuola, un giovanotto di media statura, occhialuto, assai bravo negli studi.

Sotto il comandando di Kamil e del vicecomandante Felix – un uomo di poche parole, ma di grande umanità – il gruppo si nasconde dall’esercito tedesco nella foresta ucraina con l’obiettivo di raggiungere una vetta, luogo geografico e spirituale. Continua a leggere

LEGGENDO TURGENEV di William Trevor

leggendo-turgenev-william-trevor-guanda Anche io, come molti lettori, ho le mie piccole manie. Sulla prima pagina di ogni libro che ho letto, oltre al mio nome, campeggiano la data di inizio e fine lettura e le pagine in cui compaiono i passaggi che più ho amato di quel libro, debitamente sottolineati.

E’ molto difficile trovare un libro senza queste mie note di lettura. Quasi sempre, infatti, in ogni libro trovo un passaggio, una descrizione o un ragionamento che mi hanno colpito e che voglio ricordare.

In Leggendo Turgenev lo spazio dedicato a questa mia mania è vuoto. Me ne sono accorta solo a fine lettura e ho pensato che non era un buon segno. Continua a leggere

TUTTI MI DANNO DEL BASTARDO di Nick Hornby

nick-hornby-tutti-mi-danno-del-bastardo-guandaIl protagonista è Charlie, uno come tanti, che però ha la sfortuna di aver sposato Elaine, una giornalista che tiene una rubrica domenicale, e che appena il matrimonio deflagra e arriva al divorzio,  comincia a scrivere articoli sull’ex, dove rivela al mondo i peggiori difetti e i momenti più imbarazzanti di Charlie, che così per tutti diventerà il vero e solo: BASTARDO!

Nick Hornby, con una scrittura fatta di cose semplici e tanto humor, è riuscito a trovare un suo tono, una sua voce tutta riconoscibile e fortemente caratterizzata che ha trovato massima espressione in romanzi amatissimi come: Febbre a 90°, Alta fedeltà, Un ragazzo, (in rigoroso ordine di apparizione). Continua a leggere

Penna a penna. Intervista con l’autore: Gianluca Morozzi

GianlucaMorozziQuando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
A dodici/tredici anni. Mio nonno mi ha regalato una macchina da scrivere, un manuale di dattilografia e l’autobiografia di Isaac Asimov. Il mix è stato devastante: da lì in poi non ho mai voluto fare nient’altro che questo.

Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Scrivevo racconti di fantascienza: il primo si intitolava Divoratore cosmico, e si svolgeva su Nettuno. Il primo romanzo, che ho riscritto quattro o cinque volte, si intitolava Trappola androide. Indimenticabile.
Poi ho avuto il grande innamoramento per Stephen King, e ho provato a imitarlo per metà degli anni Novanta. Dopo ho scopiazzato Tondelli, Brizzi, Nick Hornby, Paolo Nori. E nel Duemila finalmente ho pubblicato.
Grandi incoraggiamenti non ne ho avuti, se non da mio padre, che però aveva una tecnica di incoraggiamento simile agli allenatori di pallavolo dei cartoni animati giapponesi degli anni Ottanta. Se avete presente.

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