Leggere un libro di Modiano è come immergersi in un sogno o come guardare un film di David Lynch: alle domande che solleva non ci si può aspettare delle risposte.
L’erba delle notti è un romanzo quasi onirico. Al centro della vicenda c’è il passato, e il sogno ne rappresenta a tratti la porta privilegiata d’accesso. Tutto è avvolto in un’atmosfera cupa e impalpabile che come una nebbia avvolge il lettore trascinandolo in una dimensione ovattata e sonnolenta. I temi della memoria, dell’oblio, del sogno si fondono e mostrano la loro parentela con l’anonimato, il mistero, la verità.
Questo romanzo è fatto di incontri che rivelano la profonda solitudine dei suoi protagonisti, dove le “vite degli altri” restano sempre impenetrabili, mentre è la narrazione ad acquistare valore.
Jean è uno scrittore. Solo il passato è degno della sua attenzione, mentre del presente non è che un testimone oculare distratto e inattendibile. Giunto alla soglia dei settant’anni si ritrova, con un taccuino datato 1966 alla mano, a dover dar senso alle sue annotazioni. É così che prende corpo il ricordo vago di un momento della sua vita. Tra le note torna insistente il nome di Dannie, misteriosa bevitrice di Cointreau, che all’Unic Hotel si circondava di loschi individui dai nomi esotici. É dunque solo a distanza di molti anni che Jean decide di provare a fare chiarezza sul loro enigmatico legame e sul fantasma di un possibile crimine che aleggia su di essi.