VOCI SULLO STATO DELL’EDITORIA

Si parla tanto, con maggiore o minore cognizione di causa, di editoria, dello stato di salute dell’editoria italiana, del grande numero delle case editrici medie, medio-piccole e piccole, delle difficoltà di distribuzione e della scarsa visibilità in libreria dei libri pubblicati dalle piccole case editrici.
Si parla anche delle numerose librerie indipendenti che non riescono a resistere sul mercato e, una dopo l’altra, chiudono. Mi sembra interessante porre alcune domande ai soggetti direttamente interessati: oggi tocca ad Arianna Attinasi, docente e titolare della casa editrice indipendente Arianna Editore, di Geraci Siculo, e a Marilia Di Giovanni, titolare di una storica libreria siracusana situata nel cuore di Ortigia, La casa del libro.

Domanda: Dai vostri differenti ma ‒ credo ‒ non distanti punti di osservazione, quale ritenete essere il principale ostacolo alla diffusione dei libri editi dalle piccole case editrici? In che modo la distribuzione gioca il ruolo determinante che le viene attribuito nell’opinione diffusa anche fra i non addetti ai lavori?

Risposta ARIANNA ATTINASI: Il principale ostacolo, ovviamente, è quello della distribuzione capillare e soprattutto nazionale. È questo che ci chiedono anche gli autori quando ci incontrano la prima volta e prima di scegliere di pubblicare con noi. La distribuzione gioca un ruolo determinante, soprattutto nell’opinione diffusa, dici bene, perché tutta la nostra società contemporanea si basa sulla visione di un’immagine e, quindi, se tu vedi il libro in libreria, quel libro conta, vale, magari ti piace anche e lo compri. Un po’ come al mercato, dove vale l’esposizione della merce.

Se, al contrario, quel libro non lo vedi, non lo conosci e quindi è come se non esistesse. Spesso, però, pongo anche una domanda ai nostri autori: “Se il tuo libro si trovasse in tutte le librerie d’Italia, se venisse messo di lato, in uno scaffale in mezzo a tanti altri titoli, se il libraio non lo leggesse, non lo conoscesse, non lo proponesse, perché quel volume per lui è solo uno dei tanti, inoltre, se passati i tre/sei mesi, come accade spesso, venisse reso anche a prescindere dal fatto che si sia venduto o meno… per te sarebbe sempre importante sapere che è stato distribuito a livello nazionale?”.

R: MARILIA DI GIOVANNI: La distribuzione è imprescindibile per raggiungere un vasto pubblico. In Italia poi c’è una sorta di duopolio nella grande distribuzione (Messaggerie da una parte e Mondadori RCS dall’altra). Tuttavia ci sono molti margini di manovra per chi vuole rimanere indipendente. Menziono almeno due aspetti: il rapporto diretto del piccolo editore con le librerie indie (che i librai favoriscono) e la qualità della proposta. Quest’ultima trova in Italia un grande riscontro nel pubblico dei lettori: sono vincenti quelle case editrici che hanno una vision molto chiara e specializzata che si esprime nella selezione del loro catalogo, nelle motivazioni a monte, nella cura anche grafica, ad esempio la piccolissima Tamu specializzata in contesti medio orientali o la siciliana Mesogea, che amo in modo particolare perché cerca di offrire lo sguardo mediterraneo, che è molteplice, contraddittorio e unico, IlPalindromo, la cui veste grafica e la cura nella selezione dei testi è impareggiabile. Nelle librerie indipendenti le piccole case editrici di solito hanno uno spazio importante soprattutto se risuonano con l’identità, le attività culturali e il pubblico delle librerie.

Marilia Di Giovanni

D: La promozione: cosa si intende esattamente per promozione di un libro? Cosa ostacola, per le piccole case editrici, una promozione capillare? Cosa possono fare, dal canto loro, le librerie indipendenti per essere competitive rispetto alle librerie di catena e alle piattaforme online?

R. A.A.: La promozione di un libro è la diffusione della sua storia tra un pubblico di potenziali lettori più vasto possibile, per suscitarne la curiosità, la conoscenza, la cura, la fiducia, il coraggio. Per le piccole case editrici, almeno per noi, il problema principale è dato dai costi per sostenere le distribuzione nazionale che chiede una tiratura alta senza garanzie di vendita e con molta probabilità di reso. Le librerie e gli editori indipendenti possono fare leva sul potere della parola, sugli incontri con gli autori, sui racconti dal vivo, sugli eventi, sui laboratori, insomma sull’umanità delle relazioni.

R. M.DG: Le librerie indie sono molto competitive rispetto a quelle di catena che stanno per dissolversi sotto il peso del mercato online. E lo sono perché hanno una identità forte, legata ai librai che le rendono vive certo ma anche alla comunità di lettori e frequentatori che le animano. Noi abbiamo due grandi fortune: siamo una libreria storica che è nel cuore di generazioni di Siracusani (siamo alla terza generazione di librai da una medesima famiglia) e i nostri locali si trovano nel centro storico della città che ha una vocazione turistica internazionale. Questo ci aiuta ad avere rapporti con pubblici di lettori molti differenti.

D: Secondo voi che vivete in mezzo ai libri, è vero che in Italia si legge poco? O forse sarebbe più corretto dire che si comprano pochi libri? Se le statistiche tengono conto delle sole vendite, restano fuori i lettori che prendono in prestito i libri in biblioteca, per esempio. I libri usati che circolano, anche parecchio.

Arianna Attinasi

R. A.A.: Verissimo. Penso che siano vere entrambe le cose, si comprano pochi libri e se ne prestano anche pochi. Si legge troppo poco. Le biblioteche italiane sono spesso viste dai più come dei luoghi per pochi privilegiati, distanti, ameni, antichi e per noiosi e non tanto come spazi di aggregazione e condivisione. Troppo difficile è anche avvicinare alla lettura. Buona parte del nostro tempo lo prendono gli smartphone, al di là dei luoghi comuni e della constatazione abbastanza scontata. Lo schermo ti distrae, ti rende consumatore, competitivo, mentre il libro ti invita a pensare, ad andare fuori rotta e forse noi non siamo pronti o non vogliamo esserlo. Siamo assuefatti all’indifferenza e manchiamo di indignazione. Se tutti quei telefoni davanti ai nostri occhi fossero libri…

R. M. DG.: Nella nostra provincia si legge poco. I nostri frequentatori abituali sono over 50 tra la gente locale oppure sono stranieri, forestieri in transito breve o lungo in questa città. Ma con la pandemia abbiamo anche aperto la possibilità di seguirci ad un pubblico dislocato e molto appassionato tramite il nostro ecommerce di vintage books e gli eventi online.

D: Un altro luogo comune sul quale vorrei conoscere la vostra opinione è che in Italia si pubblicano troppi libri. Secondo voi, editrice e libraia, perché si pubblicano tantissimi titoli? A chi conviene, insomma, visto che poi si lamentano tutti, autori, editori, librai e lettori?

R. A.A.: In realtà, me lo chiedo pure io e non è facile per me poter dare una risposta, anche perché a volte capita che chi scrive non legge. Sicuramente è un gesto bellissimo e un atto molto democratico poter raccontare la propria storia, potersi esprimere attraverso la letteratura, senza limiti e restrizioni, senza troppi forse, troppi se e troppi ma. Forse, mi viene da pensare, tutte queste pubblicazioni potrebbero nascere dal bisogno di condivisione, di essere presenti, di esserci, di dare consistenza alla propria interiorità in tempi di estrema solitudine.

R. M. DG.: In effetti gli autopubblicati o gli editori a pagamento sono aumentati in maniera esponenziale e molto più dei lettori.

D: Avete qualche ricetta da suggerire per migliorare lo stato di salute del mondo dei libri?

R. A.A.: I libri staranno bene se tante persone li leggeranno e le persone li leggeranno se troveranno in loro una sintonia con la propria anima, con la propria mente, con il proprio spirito e con la propria possibilità di sopravvivenza. Per far sì che ciò avvenga, credo sia necessario abituarsi alla vicinanza e alla presenza dei libri, diffonderli ovunque, non solo nelle case, nelle scuole, ma soprattutto in tutti i luoghi di aggregazione pubblici: chiese, biblioteche, musei, teatri. Per esempio, si potrebbero dare incentivi per l’acquisto di libri o per l’ingresso nei Musei e nelle Biblioteche, proporre l’ingresso nei Caffè letterari, nelle librerie, nelle sale lettura, per qualche ora senza cellulari, organizzare colonie letterarie estive che coinvolgano adulti e ragazzi. Inoltre, sarebbe una grande rivoluzione permettere l’ingresso gratuito, sempre, nei Musei pubblici, sia delle grandi città che dei piccoli paesi, cosa che già accade per esempio in Gran Bretagna, e allestire all’interno spazi per i bambini con libri, laboratori tematici e animatori che si occupino di loro mentre i genitori visitano le sale e osservano le opere. Una famiglia numerosa quindi, che non può permettersi di andare a mangiare la pizza il sabato sera, può però decidere di trascorrere una domenica al Museo e riempirsi di Arte, Colori, Cultura e Lettura. Circondarsi, anche contro voglia, di libri, di arte, di musica.  Vedere libri ovunque, anche solo abituarsi alla loro presenza, invasiva o invadente, prima o poi accenderà la voglia di iniziare a leggerne qualcuno.  Forse troppo utopico o forse… chissà…

R. M. DG.: Suggerirei alle scuole di ogni ordine e grado di collaborare con le librerie indipendenti del proprio territorio per costruire insieme percorsi di lettura, eventi diversificati rivolti a giovani lettori, che, quando agganciati da noi librai, sono tra i lettori più curiosi e voraci. La lettura è un’abitudine che si coltiva ed un piacere.

 

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